Sviluppo responsabile. Ecco perché ne abbiamo bisogno in un sistema sotto pressione

Sviluppo responsabile. Cercare un'alternativa a un sistema sotto pressione

A marzo Galileo, la newsletter di Feltrinelli Education dedicata al mondo del business e dell’innovazione, ci ha parlato di: Olimpiadi e impatto ambientale, turismo vampirico e gentrificazione delle città, progetti di riqualificazione e crescita sostenibile. Oggi seguiamo queste orbite, per esplorare alcuni dei lidi in cui si incagliano i nostri progetti di sostenibilità tra inflazione, gender gap, città inospitali e spiagge in erosione.

13/04/2023 , tempo di lettura 5 minuti

Secondo il Workmonitor di Randstadil lavoro aumenta sempre di più. Ma non orizzontalmente, come si auspicherebbe, bensì verticalmente: per esempio, il 26% dellə lavoratorə ha aumentato le ore di lavoro settimanali, iniziando ad accettare gli straordinari che era solito rifiutare, mentre il 22% di loro ha già cominciato un secondo lavoro. Si tratta della prima risposta all’impennata dei prezzi, per effetto di un’inflazione rampante che in Italia cresce del 7,7% su base annua. il 37% dellə italianə (5% in più dell’anno scorso) già valuta insufficiente il proprio stipendio rispetto al costo della vita. 

Paura di perdere

La paura del carovita ha diversi effetti sulle abitudini e le scelte dellə lavoratorə. E se da una parte spinge a lavorare di più, più a lungo (il 15% valuta di posticipare la pensione) e a pretendere un trattamento economico più vantaggioso (il 17% è in cerca di un impiego retribuito meglio), dall’altra il senso di fragilità sociale spinge a una ricerca di stabilità dai tratti patologici: sempre secondo Randstad, le dimissioni spontanee per insoddisfazione lavorativa nella fascia 18-24 anni (a proposito di quiet quitting) sono diminuite del 13% rispetto all’anno scorso e il 60% dellə lavoratorə utilizzerebbe quello economico come unico parametro di scelta dell’impiego. Tendenze che non soltanto danneggiano la qualità del lavoro e della vita dellə lavoratorə, in un gioco a ribasso, ma anche la vitalità e la competitività aziendali.

L’inflazione è anche una questione di genere 

L’inflazione non morde tuttə allo stesso modo, e come è facile intuire a farne le spese più alte sono le donne. I dati del Bureau of Labor Statistics degli Stati Uniti offrono un racconto drammatico di quella realtà privatizzata, dove l’aumento dei prezzi degli asili nido e delle scuole materne del 5,7% su base annua nel febbraio 2023 (e del 25%, nell'ultimo decennio) sta costringendo un numero crescente di donne ad abbandonare il proprio impiego o a ridimensionare le proprie ambizioni professionali. Da noi lo Stato c’è, ma non fa abbastanza: la spesa mensile per servizi e cura per lə figliə di una famiglia di classe media, a Milano, è di 502,2 euro, in rialzo. Una cifra che il bonus asilo nido tampona a malapena, e che spinge sempre più donne a lasciare il lavoro per dedicarsi alla cura domestica: sono state 38mila nel 2021, in crescita rispetto all’anno precedente, proprio nella fascia d’età in cui statisticamente si fanno bambinə. 

Finché le asimmetrie nella distribuzione del lavoro domestico e di cura saranno accentuate come lo sono ora, il costo dei servizi ricadrà sempre con maggiore violenza sulle scelte delle donne. Senza dimenticare un aspetto ulteriore e non secondario: le donne sono maggiormente occupate proprio in quei settori professionali in cui la retribuzione gode di minore rivalutazione (insegnamento e professioni sanitarie, per esempio), rendendo in tempi di forte inflazione più vertiginoso il gap di potere d’acquisto tra salario e costo della vita. 

Quanto costa lo smart working? 

Non è un caso che, in questo contesto, il lavoro da remoto abituale sia stato scelto soprattutto dalle donne (nel 14,3% dei casi, contro il 10,8% degli uomini), ma che da loro l’esperienza venga valutata più negativamente. In molti casi la scelta di lavorare da casa è stata presa soprattutto per provare a conciliare meglio la carriera con le cure parentali. In assenza di una reale redistribuzione del lavoro di cura, anche il lavoro da remoto può diventare uno strumento di sfruttamento del lavoro femminile, tanto che secondo alcune letture, come quella del The Economist, le donne dovrebbero preferire il lavoro in ufficio, per tutelare il proprio work-life balance.

Il lavoro agile può ridurre di molto i consumi energetici delle aziende, caricando però di questo peso lə lavoratorə, per lə quali lo smart working costa circa 800 euro in più all’anno in bolletta, a causa del maggiore utilizzo delle utenze domestiche. Un dato che getta un’ombra sull’effettivo abbattimento delle emissioni di gas serra grazie al lavoro agile (-40% per lavoratorə): il costo della sostenibilità ambientale non può ricadere solo sulle spalle dellə lavoratorə. Anche questo costo, del resto, sta rafforzando quella spinta migratoria che dal centro delle città porta un numero crescente di persone a spostarsi nelle periferie, così come abbiamo visto nell’ultima edizione di Galileo - la newsletter di Feltrinelli Education sul mondo dell’innovazione e del business - in cerca di alloggi e servizi più abbordabili per chi deve investire in un appartamento che sia anche il proprio ufficio, con la necessità di spazi e comfort maggiori. 

Nomade o turista?

Del resto le città sono sempre più care, e a questo aumento dei prezzi contribuiscono anche gli smart worker e una particolare sottospecie, lə digital nomads. Un circolo vizioso in cui lo svuotamento dei centri e la pressione sulle periferie crea opportunità per le predazioni del turismo vorace in centro e la gentrificazione in periferia, allontanando ai margini le persone più svantaggiate in un movimento che sembra tendere all’infinito. E mentre lə smart workers che restano rischiano di rimanere intrappolatə nella dimensione del lavoro perenne in cui non esiste work-life balance, lə digital nomads fanno il periplo del globo, inquinando moltissimo e adottando nelle città i medesimi atteggiamenti predatori dellə turistə. Amati da turistə e da lə nuovə nomadə, i 31.782 alloggi in affitto breve su Airbnb a Roma e i 21.219 a Milano pompano i prezzi del mercato immobiliare (il valore medio di un affitto regolare a lungo termine, a Milano, è cresciuto del +10% nell’ultimo anno), contribuendo allo svuotamento delle città e a un indotto economico che troppo spesso, privilegiando le grandi catene rispetto ai piccoli esercizi locali, non avvantaggia davvero l’economia locale. I fenomeni, in ogni caso, si rendono più evidenti sotto stress: come quello cui è sottoposta un’area fragile come le Cinque Terre, in un ordinario weekend di Pasqua. 

Ciao mare

Sembra il presagio di un’estate caldissima, sul fronte balneare. E mentre il Consiglio di Stato blocca la proroga delle concessioni balneari senza gara - provvedimento del Consiglio dei Ministri in aperto contrasto con il principio di concorrenza - alcuni politici sostengono che basti avviare una mappatura del litorale, per trovare nuove spiagge da dare in concessione. Facile, no? Eppure, sembrerebbe che anche le attività già presenti fatichino a trovare personale, dato che si stima che il 52% delle professioni richieste siano di difficile reperibilità. E mentre il Governo fantastica su un nuovo “liceo del made in Italy”, sembra che si fatichi a riconoscere il litorale come uno dei veri tesori del Paese, che andrebbe salvaguardato a ogni costo. E invece, su 7.456km di costa 3.346km sono occupati da stabilimenti balneari, con ricadute ambientali, sociali ed economiche. Come rileva Sarah Gainsforth, con il 41% delle coste soggette a erosione e i mancati incassi da parte dello Stato del dovuto dalle concessioni balneari, la partita con i lidi è tutta a perdere. Servirebbe un nuovo modo di intendere la relazione con la spiaggia, secondo un modello multifunzionale che non si fermi allo sfruttamento turistico più becero, ma che dia più spazio ad attività sportive sostenibili e a un turismo lento e formativo che non rappresenti una minaccia per la biodiversità: il nostro impatto sulle spiagge può essere sostenibile, a patto che queste tornino a essere davvero cosa pubblica

Imparare a trovare alternative

Lavoro, famiglia, città, ambiente. Sembrerebbe che la sostenibilità sia il contrario della verticalità e dello sfruttamento intensivo delle risorse, che siano quelle dellə lavoratorə, del tessuto urbano o dei litorali. Serve distribuzione, differenziazione, orizzontalità: un approccio aperto e flessibile che non trasformi ogni attività umana in una monocultura. Si tratta innanzitutto di un approccio intellettuale e culturale, di un modello di innovazione aperta e responsabile su cui formare e formarci. 



Di questo e molto altro abbiamo parlato nell’ultimo invio di Galileo. Per seguire tutti i nostri approfondimenti e non perderti il nostro punto di vista sulle notizie più stimolanti e sfidanti dal mondo del lavoro, del business e dell’innovazione, iscriviti a Galileo, la newsletter di Feltrinelli Education per capire come gira il mondo.

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