Mentoring: un approccio strategico per le imprese culturali
Durante l’emergenza Covid-19 il mentoring è stato fondamentale per i lavoratori in prima linea, ma questa strategia di formazione può essere applicata a tutti i settori, compreso quello culturale che ha bisogno di nuova linfa per uscire dalla crisi
Un punto di riferimento, una guida, una persona da cui apprendere e con cui confrontarsi senza essere mai giudicati. C’è un termine che racchiude tutte queste caratteristiche: mentore, una figura che esiste da sempre e che è sempre stata considerata fondamentale per la crescita di un individuo. Omero la inserì addirittura nell’Odissea, chiamando così l’uomo a cui Ulisse affidò l’educazione del figlio Telemaco mentre era impegnato nella guerra contro Troia.
Ma cosa succede nel momento in cui il mentore valica i confini dell’insegnamento individuale e si insinua dentro quelli di un’organizzazione, di un’azienda, di una struttura professionale? Accade che dall'etimologia greca si arriva dritti al termine anglosassone “mentoring”, che indica un’attività di formazione volta a promuovere la carriera e la crescita professionale di un collega o di un dipendente.
Cos’è il mentoring?
“Con il termine anglosassone “mentoring” si indica un processo metodologico formativo nel quale una persona, il mentore, segue e promuove la carriera e lo sviluppo professionale di un’altra persona, il mentee, instaurando un rapporto che non è di subordinazione bensì caratterizzato da una relazione amichevole e cordiale, di complicità, reciproca fiducia e sostegno. In pratica, il mentore è generalmente un esperto in un determinato settore, mentre il mentee è un neofita in un determinato ruolo o settore” Questa la spiegazione fornita dall’Associazione Italiana Mentoring.
Si tratta di un approccio che aggiunge alla formazione tradizionale basata sull’apprendimento di nozioni teoriche e conoscenze, una formazione esperienziale che punta sulle competenze, sulla capacità del lavoratore di imparare e del mentore di insegnare. L’obiettivo da perseguire è quello di consentire al cosiddetto mentee di crescere “attraverso l’utilizzo di molteplici tecniche quali l’analisi delle competenze/abilità, lo storytelling, il role playing, il case study, la condivisione di informazioni e materiale formativo, la partecipazione ad eventi di networking”, continua l’associazione.
Le diverse tipologie di mentoring
Il mentoring può essere individuale, di gruppo o cross-mentoring. Nel primo caso il rapporto è uno a uno: abbiamo un mentore che svolge diverse sessioni con un mentee cercando di raggiungere degli obiettivi concordati dall’inizio. Nel secondo caso invece il mentore si approccia con un gruppo di lavoratori con i quali svolge una serie di colloqui collettivi basati sulla condivisione e sullo svolgimento di attività formative di gruppo. Nei programmi di mentoring e nel cross-mentoring vengono invece identificati, all’interno di un’azienda o di un’istituzione, delle figure in grado di ricoprire il ruolo di mentore. Solitamente si tratta di persone con grande esperienza, in grado di aiutare giovani talenti o lavoratori in una fase di integrazione in ruoli e posizioni nuove, “in un processo di sviluppo delle proprie conoscenze e competenze, di creazione di consapevolezza e definizione del proprio stile di leadership e di potenziamento delle abilità comunicative e relazionali”, spiega ancora l’Associazione Italiana Mentoring.
Negli ultimi anni si sta diffondendo anche il cosiddetto reverse mentoring, grazie al quale giovani lavoratori prendono sotto la loro ala colleghi più avanti con l’età, formandoli su determinate competenze: tecnologiche, digitali e così via.
Il mentoring nell’era Covid
La Harvard Business Review segnala l’importanza ricoperta dal mentoring durante la pandemia di Covid, soprattutto quando queste attività formative sono state messe a disposizione di chi ha lavorato in prima linea nella lotta all’emergenza. E dunque non solo medici e personale sanitario, ma anche dipendenti di supermercati, corrieri postali e molti altri lavoratori hanno affrontato pericoli fisici, complessità e incertezze.
“Ora più che mai queste figure hanno bisogno di sostegno emotivo - sottolinea la HBR - Ma non possono sempre rivolgersi ai loro manager, che potrebbero essere impegnati nella risoluzione di altri problemi e sopraffatti dal mantenere le loro organizzazioni in funzione”. Tra l’altro, spesso i lavoratori evitano di “chiedere aiuto” ai loro diretti superiori, temendo che mostrare le loro debolezze sia controproducente e ostacoli la crescita professionale.
In questo contesto, si legge sulla rivista “il mentore può svolgere un ruolo fondamentale, fornendo ai lavoratori una forza stabilizzante, qualcuno che possa aiutarli e calmarli quando si sentono sopraffatti, spaventati, esauriti o confusi”.
“Il mentoring - aggiunge Artribune- diventa una straordinaria opportunità per costruire un patto di prossimità...una relazione che va ben oltre l’esigenza di colmare il gap generazionale legato al digital divide e allo smart working, o una generica differenza esperienziale, e che piuttosto sottende un rapporto in grado di accedere in maniera privilegiata e tempestiva alle reciproche conoscenze”.
Il mentoring nelle imprese culturali
Anche le imprese culturali possono trarre un forte giovamento dalla costruzione di un piano strategico di mentoring in grado di accrescere la consapevolezza degli addetti ai lavori sulle conoscenze e sulle competenze che possiedono già, ma anche su quelle che devono sviluppare per crescere e innovarsi allo scopo di creare “una cultura a vasi comunicanti, fondata sulla fiducia, l’affidamento e la cura”, scrive Artribune.
Dopo le difficoltà vissute nell’era Covid, che ha inferto colpi quasi mortali all’industria culturale globale, trovare il giusto approccio per rialzarsi in piedi diventa fondamentale per tutte le aziende della filiera culturale. Il mentoring può quindi diventare una strada per apprendere nuove skill, ma soprattutto una nuova mentalità e una rinnovata idea di leadership volte a dare slancio a un comparto che per sua natura è ancorato al passato, ma che deve fare dell’innovazione culturale e tecnologica la strada maestra per uscire dalla crisi.