Liste d’attesa più corte grazie ai maiali
Lo xenotrapianto, ovvero il trapianto di organi di altre specie nell’uomo, è sempre più realtà.
L'articolo è stato realizzato da Ambra Cappelletto all'interno del corso "Scrivere di scienza: realizzare un prodotto di divulgazione scientifica", sotto la supervisione di Simone Angioni e dei docenti della SISSA di Trieste. Torneremo in aula con una nuova edizione del corso il 16 ottobre.
Non è la trama di Frankenstein, bensì una procedura che potrebbe rivoluzionare la vita di tante persone che aspettano il proprio turno in una lista d’attesa infinitamente lunga.
Tra questi, ad aprile di quest’anno la rivista Nature Communications ha riportato il lavoro effettuato dai ricercatori della Johns Hopkins School of Medicine di Baltimore, negli Stati Uniti, che ha eseguito il trapianto di organi di maiali geneticamente modificati, chiamati 10GE, in sei scimmie. Cinque scimmie su sei sono sopravvissute per almeno cinque mesi dopo il trapianto, e tre di esse per più di nove mesi, risultando uno dei più lunghi esperimenti di xenotrapianto riusciti finora descritti.
L’utilizzo di tessuti suini e bovini non è di per sé una novità, essendo già stati usati per sostituire valvole cardiache, ma quel che è certo è che stiamo assistendo a un momento storico che potrebbe determinare una vera svolta per la medicina.
Da decenni, infatti, medici e ricercatori sperimentano sugli xenotrapianti, e avevano già fatto notizia i trapianti di organi di maiale eseguiti su pazienti cerebralmente morti, che avevano certamente aiutato i ricercatori, ma con i limiti dati dal fatto che un corpo senza più funzioni vitali non si comporta allo stesso modo di un corpo vivo.
I primi mesi di quest’anno, invece, ci hanno visti testimoni dei primi trapianti di organi di maiali geneticamente modificati in pazienti umani ancora in vita, e sempre più studi vengono svolti per aiutare a sbrogliare la matassa di quesiti aperti che rimangono su una pratica considerata, comunque, ancora sperimentale nell’essere umano.
Chi trova un rene trova un tesoro
Cuore, rene e fegato: sono gli organi più richiesti, ma non gli unici, con ad oggi più di 8mila persone in lista solo in Italia, come riporta il sito del Ministero della Salute. Inoltre, i tempi medi di attesa dal momento dell’iscrizione variano tra gli 1.7 anni per un fegato ai 6 anni di attesa per un pancreas.
Negli Stati Uniti, le statistiche aggiornate a novembre 2023 riportano che i pazienti in attesa erano più di 100mila (come riporta il sito statista.com).
In questa scena, il rene è il protagonista indiscusso. Le malattie renali sono tra le più diffuse al mondo e, secondo i dati della Società Italiana di Nefrologia, in Italia circa quattro milioni di persone hanno una malattia renale cronica, con 100mila che necessitano di essere seguiti regolarmente e 50mila in dialisi, considerata l’ultimo stadio che il paziente percorre prima di aver bisogno del trapianto. Ne risulta che quasi 6mila pazienti sono in lista per un trapianto di rene in Italia, e 88mila negli Stati Uniti.
Purtroppo, la generosità dei donatori non riesce a sopperire interamente alla richiesta delle liste d’attesa sempre in crescita.
Non siamo poi così diversi dai maiali
“Tutti gli animali sono simili, ma alcuni sono più simili di altri”
Aveva ragione George Orwell che, in uno dei romanzi più all’avanguardia della letteratura, denunciava a gran voce l’ineguaglianza della società. Al tempo stesso, scorporando per un attimo questa frase dal suo significato politico, essa non mente nemmeno dal punto di vista biologico, come abbiamo imparato da decenni di analisi genetiche che ci hanno confermato ciò gli occhi dei nostri antenati già avevano intuito, ovvero che condividiamo più DNA con gli scimpanzè che con i moscerini della frutta. Sembra ovvio, eppure non è così semplice. Nonostante davanti allo specchio non avremmo dubbi su quanto siamo diversi dai nostri cugini suini, siamo invece più simili geneticamente di quanto pensiamo, e c’è di più, perché gli organi del maiale sono i più simili per dimensione, anatomia e funzione a quelli degli esseri umani, e per questo rappresentano una valida alternativa nello scenario dei trapianti di organo nell’uomo.
Prendiamo d’esempio il rene che, come abbiamo detto, è uno degli organi più richiesti.
Il rene del maiale è molto simile per lunghezza a quello dell’uomo (12 cm nell’uomo adulto e 8 cm nel maiale), a differenza invece del rene del macaco che è molto più piccolo (5 cm). Inoltre, il rene del maiale, così come quello dell’uomo, filtra le sostanze tossiche dal corpo producendo urina e, per farlo, utilizza un numero quasi uguale di unità filtranti, chiamati nefroni (nell’ordine di qualche milione per rene).
Essendo di gran lunga più simili all’uomo dei roditori e più accessibili delle scimmie per costo e mantenimento, non sorprende quindi che i maiali siano già ampiamente utilizzati nello sviluppo di nuove terapie e farmaci, per confermarne la sicurezza e l’efficacia prima che ne venga autorizzato l’utilizzo nell’uomo.
È proprio per tutte queste ragioni che, anche negli xenotrapianti, i maiali conquistano la scena, proprio come nel romanzo di Orwell.
Rigetto dell’organo: un ostacolo insormontabile?
È la sfida più grande di tutti i trapianti, compresi quelli “classici” da uomo a uomo: si parla di rigetto quando il sistema immunitario identifica un organo come estraneo.
Infatti, a parte i gemelli omozigoti, non esistono due individui geneticamente identici, e maggiori sono le differenze, minore è la compatibilità.
Per ridurre la probabilità che il rigetto si verifichi, viene prima di tutto valutata la compatibilità tra il donatore e il paziente ricevente, al quale vengono anche dati farmaci immunosoppressivi per evitare che il sistema immunitario attacchi il nuovo organo. Purtroppo, il rigetto in caso di trapianto è più frequente di quanto si pensi. Come riporta il sito inglese del National Health Service (NHS), infatti, 10-15 pazienti su 100 rigettano il rene, 20-30 il polmone, 30 il fegato, e fino a 40 pazienti su 100 rigettano il cuore entro un anno dall’operazione.
In caso di xenotrapianto, i ricercatori hanno identificato dei geni-chiave da modificare per prevenire il rigetto immediato. L’azienda Revivicor, con sede in Virginia, negli Stati Uniti, ha creato i maiali 10GE, così chiamati perché portano 10 mutazioni nel proprio DNA. Togliendo tre geni del maiale e aggiungendo sette geni umani, l’organo del maiale inganna il sistema immunitario e si mimetizza nell’uomo, prevenendo il rigetto.
I reni trapiantati nelle scimmie dello studio pubblicato da Nature Communications derivavano proprio da maiali 10GE, che sono rimasti funzionanti per più di cinque mesi dopo il trapianto, un risultato finora senza precedenti.
Ciononostante, il rigetto a lungo termine è ancora un rischio incombente.
Il fragile equilibrio tra speranza e cautela
Si chiamava Richard Slayman il primo paziente che, a marzo di quest’anno, ha ricevuto il trapianto di un rene di maiale geneticamente modificato in Massachussetts, negli Stati Uniti. Purtroppo, è deceduto dopo soli due mesi dall’intervento, ma i medici escludono che la causa sia stata il rigetto dell’organo, ma piuttosto l’ipertensione di cui soffriva.
La salute già compromessa dei pazienti e il loro numero ancora limitato non aiutano a prevedere l’esito dei prossimi tentativi; d’altronde, lo xenotrapianto è un trattamento sperimentale praticabile solo per cure cosiddette compassionevoli, ovvero nel caso in cui il la vita del paziente sia estremamente a rischio e non si abbiano alternative.
Un altro tra i pericoli più temuti è la trasmissione di malattie tra specie. Un esempio si è purtroppo verificato con il cuore di maiale trapiantato nel paziente David Bennett, negli Stati Uniti, che risultò positivo a un virus sfuggito ai test pre-trapianto. Per far sì che eventi come questo non si verifichino, l’azienda eGenesis di Cambridge, in Massachussetts, ha reso ancora più sicuri gli organi dei maiali donatori aggiungendo altre 59 mutazioni genetiche protettive.
Se si riuscisse a scongiurare il pericolo del rigetto e a tenere a bada la trasmissione dei virus, senza dubbio gli xenotrapianti salverebbero la vita a molti pazienti a rischio. Grazie agli organi dei maiali geneticamente modificati, infatti, gli interventi potrebbero essere pianificati in anticipo, senza dover attendere che un donatore geneticamente compatibile muoia per avere a disposizione un organo da trapiantare in un paziente. Si utilizzerebbero organi “freschi”, e ci sarebbe tutto il tempo necessario per controllarli, mentre, nel caso di pazienti deceduti, spesso i medici non hanno né il tempo di approfondire i test né la possibilità di accedere alla storia clinica del donatore.
Sicuramente c’è ancora del lavoro da fare prima che gli xenotrapianti non siano più etichettati come “sperimentali” e diventino, se non la prassi, una reale alternativa al trapianto classico.
Aspettare non piace a nessuno, ma l’attesa dei pazienti in lista trapianti è certamente tra le peggiori, in bilico tra uno sfortunato presente e un futuro ogni giorno più incerto. Ci auguriamo che gli xenotrapianti contribuiscano a rendere questo futuro sempre più reale.
Bibliografia
Articolo di Nature Communications:
https://www.nature.com/articles/s41467-024-47679-6
Statistiche Italia:
https://trapianti.sanita.it/statistiche/liste_attesa_1.aspx
Statistiche Stati Uniti:
https://www.statista.com/statistics/398499/number-of-us-organ-transplant-candidates-by-organ/