Le professioni del Recovery Plan: ecco i lavori del futuro
Il Recovery Plan creerà decine di migliaia di posti di lavoro in alcuni settori strategici per Paese - Ecco su quali professioni e su quali competenze puntare per riuscire a diventare protagonisti della transizione
I primi fondi del Recovery Plan stanno per arrivare. Tra fine luglio e inizio agosto, l’Unione europea erogherà all’Italia 25 miliardi di euro sui 209 totali previsti dal nostro Pnrr. Da quel momento in poi si comincerà a fare sul serio. Secondo le stime del Consiglio nazionale dei giovani (Cng), organo consultivo della Presidenza del Consiglio, il Recovery creerà 90mila posti di lavoro destinati ai giovani entro il 2023 su 750mila/1 milione di posizioni complessive. Un’opportunità enorme a cui aggrapparsi per risollevare un Paese alle prese con una delle peggiori crisi economiche della storia, tra l’altro preceduta da decenni di stagnazione.
Bisogna però farsi trovare ben preparati ai cambiamenti che verranno: “Abbiamo un sacco di soldi finalmente a disposizione, italiani ed europei, da mettere anche sul trasferimento tecnologico e applicato alle imprese, ma quello che cercano oggi le imprese non sono sussidi, contributi, incentivi e sconti fiscali, certo anche questo è importante. Cercano soprattutto competenze e talenti, cioè ecosistemi in cui si possa in modo virtuoso fare crescere talenti e competenze, mettendo a punto il sistema delle imprese in una proficua collaborazione”. Lo ha detto a chiare lettere il ministro dello Sviluppo Economico, Giancarlo Giorgetti, sottolineando l’importanza investire “sulla digitalizzazione, sulle competenze, sull’innovazione e sulla ricerca affinché questi fattori possano creare un ambiente favorevole alla permanenza dei talenti in Italia”.
L’Italia prima del Recovery
La base di partenza, occorre dirlo, non è incoraggiante. Il Rapporto 2021 sul lavoro sostenibile elaborato dalla Fondazione per la Sussidiarietà, in collaborazione con CRISP - Centro di Ricerca - Università di Milano Bicocca, segnala alcuni limiti storici che caratterizzano il nostro Paese. Il primo riguarda l’occupazione: dal 2011 al 2020, il tasso d’occupazione italiano è salito solo dell’1,3% passando dal 56,8% al 58,1%. Nello stesso periodo il tasso Ue è salito del 4,3% al 67,6%, l’indice della Germania è balzato del 3,7% al 76,2%, quello della Spagna del 2,9% al 60,9% quello della Francia dell’1,4% al 65,3%. Scarsa anche la mobilità: in Italia nel 2020 solo 2 lavoratori su 100 hanno cambiato lavoro, contro i 3 di Francia e Spagna e i 5 della Danimarca. Ma a preoccupare gli addetti ai lavori è soprattutto il dato sui Neet: nel nostro Paese il 23,3% dei giovani non studia e non lavora, quasi il doppio rispetto alla media europea (13,7%) e un dato molto superiore a quello registrato in Germania (8,6%), Francia (14%) e Spagna (17,3%).
Un futuro incoraggiante: i settori che assumono
In questo contesto però, ci sono anche delle buone notizie: secondo lo stesso report, nonostante la crisi innescata dalla pandemia e le difficoltà vissute negli ultimi mesi, le aziende guardano al futuro con fiducia, ricominciando finalmente ad assumere. Sono state circa 560mila le offerte di lavoro aperte nei primi sei mesi del 2021 e anche nei prossimi mesi le opportunità non mancheranno. Il Bollettino del Sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere e Anpal, prevede infatti 1,3 milioni di assunzioni nel trimestre luglio-settembre.
Ma da dove e da chi arriveranno tutte queste opportunità? Sulla base degli investimenti pubblici previsti dal Recovery Plan, la Fondazione per la Sussidiarietà ha individuato 8 settori che dovrebbero creare la maggior parte dei posti di lavoro nei prossimi anni: energia; infrastrutture di trasporto e soluzioni di mobilità sostenibile; ambiente; bioeconomia (agricoltura e pesca sostenibile); telecomunicazioni, tecnologie e servizi digitali; ricerca, sviluppo e innovazione; turismo; economia sociale (formazione, assistenza, cultura, sanità).
“È in atto una rivoluzione digitale che investe anche il mondo del lavoro", ha dichiarato Anna Ascani, sottosegretario per lo Sviluppo Economico, "Il Governo ha un duplice compito: garantire infrastrutture digitali che forniscano alle imprese strumenti per essere competitive e favorire l’inclusione sociale, attraverso la creazione di competenze, preziose per le persone e per le aziende”.
Le professioni e le lauree del Recovery
Digitalizzazione, innovazione e sostenibilità sono le tre parole chiave da cui partire per effettuare un’analisi del fabbisogno che il mercato del lavoro esprimerà nei prossimi anni. Tra i profili professionali più richiesti negli ultimi mesi, Unioncamere segnala ingegneri, specialisti delle scienze gestionali, tecnici informatici, tecnici della gestione dei processi produttivi di beni e servizi, oltre a figure legate alle costruzioni e alle produzioni industriali e a lavoratori che possono sfruttare la ripartenza della filiera turistica come addetti ai servizi di informazione e accoglienza e addetti alla ristorazione.
Fra le lauree più ricercate dalle imprese, in vetta alla classifica ci sono ingegneria ed economia, mentre tra i diplomi secondari “vincono” amministrazione, finanza e marketing, turismo, enogastronomia e ospitalità.
I lavori del futuro
Su quali lavori puntare se si vogliono avere maggiori possibilità di trovare un’occupazione nel prossimo futuro? È la domanda che tutti si fanno nell’era del Recovery. Ne segnaliamo sei.
- Manager della transizione digitale: la pubblica amministrazione italiana avrà bisogno di una vera rivoluzione allo scopo di diventare più innovativa e digitale. Per coordinare l’enorme lavoro da fare saranno necessari dei profili professionali in grado di far dialogare i diversi comparti e creare finalmente una PA in grado di garantire ai cittadini elevati standard tecnici, digitali e qualitativi. Il compito sarà affidato ai manager della transizione digitale.
- Manager della sostenibilità: altra figura manageriale fortemente richiesta per gestire la transizione energetica ed ecologica che l’Italia ha promesso a Bruxelles sarà quello che in inglese viene definita Chief Sustainability Officer. Si tratta di un profilo dirigenziale chiamato a gestire le politiche ambientali di piccole e grandi imprese, assicurando il rispetto degli standard ambientali stabiliti dal Governo e la conseguente riduzione dell’impatto ambientale dell’azienda. Suo anche il compito di stabilire e promuovere le strategie di sostenibilità.
- Esperti di Cyber Security: difendersi dagli attacchi informatici diventerà fondamentale per qualsiasi azienda, pubblica o privata che sia. La Cyber security è centrale nelle agende di ogni ente e di ogni governo e, per questo motivo, sarà sempre più elevata la domanda di tecnici specializzati in grado di individuare i potenziali rischi e proteggere i sistemi da incursioni esterne. Un lavoro che, tra l’altro, garantisce stipendi elevati in tutto il mondo.
- Ingegnere energetico: sarà colui o colei che avrà il compito di progettare e gestire gli impianti, creando strutture e meccanismi in grado di abbattere al minimo l’impatto ambientale e l'utilizzo di risorse. Ricercatissimo in ambito industriale, civile, agricolo e dei trasporti.
- Data Scientist: tra le professioni più ricercate nel prossimo futuro un posto d’onore lo meritano senza dubbio i Data Scientist, esperti in grado di gestire e analizzare l’enorme quantità di dati strutturati e non strutturati esistente, ricavandone informazioni utili agli obiettivi di aziende e organizzazioni.
- Educatore ambientale: un docente che, nell’ambito dei percorsi di formazione o scolastici, insegna a rispettare l’ambiente, promuovendo un consumo sostenibile.