Le donne che hanno fatto l'editoria italiana

Le donne che hanno fatto l'editoria italiana

Inge Feltrinelli, ovviamente, ed Elvira Sellerio, ma anche Fernanda Pivano, Natalia Ginzburg ed Emilia Lodigiani: scopri la loro storia con il nostro approfondimento.

13/04/2022 , tempo di lettura 5 minuti

Il trend occupazionale femminile nel settore dell'editoria è in costante crescita. Anche i nuovi ingressi hanno visto il numero delle donne quasi doppiare quello dei colleghi maschi: è donna il 64,9% contro il 35,1% (AIE, 2018), eppure le donne continuano a essere escluse dai ruoli strategici dell'editoria

Ma non è sempre stato così: ripercorriamo la storia e il lavoro di cinque donne che hanno cambiato l'editoria italiana per sempre. 


Tradurre libri 

La letteratura statunitense arriva in Italia grazie principalmente al lavoro di due figure: Cesare Pavese e Fernanda Pivano, che del primo fu studentessa. Fu lei a tradurre clandestinamente “L’Antologia di Spoon River” di Edgar Lee Masters durante il fascismo e fu Pavese a farla pubblicare da Einaudi nel 1943, ma Fernanda pagò con il carcere: “era superproibito quel libro in Italia. Parlava della pace, contro la guerra, contro il capitalismo, contro in generale tutta la carica del convenzionalismo. Era tutto quello che il governo non ci permetteva di pensare [...], e mi hanno messo in prigione e sono molto contenta di averlo fatto”.

Di nuovo rischiò il carcere per la traduzione di “Addio alle armi” di Ernest Hemingway, ma venne rilasciata dalle SS. Il suo rapporto con Hemingway, che volle incontrarla dopo questo evento, portò poi a un viaggio negli USA che le permise di diventare amica e traduttrice dei grandi della beat generation, tra cui Allen Ginsberg e Jack Kerouac. 


Un’altra grande traduttrice legata a Cesare Pavese era Natalia Ginzburg, che dopo il suicidio dello scrittore e poeta prese in carico la direzione della narrativa di Einaudi, casa editrice in cui la Ginzburg era entrata nel ‘37 per tradurre “À la recherche du temps perdu” di Proust e nell’ottobre del ‘45 era stata trasferita da Roma a Torino per affiancare Massimo Mila nella direzione della sede piemontese.

Continuò il ruolo di traduttrice anche negli anni successivi: tra le opere che ha portato in Italia, ci sono “Madame Bovary” di Gustave Flaubert, “Suzanna Andler” di Marguerite Duras e “Una vita” di Guy de Maupassant.


Pubblicare libri 

Senza Elvira Sellerio non avremmo la casa editrice omonima e non avremmo tutti gli iconici libri blu di narrativa e saggistica che nascono dagli anni Ottanta: parliamo, tra tutti, di Gesualdo Bufalino, Luisa Adorno e Andrea Camilleri, mentre Leonardo Sciascia fu parte integrante della vita delle Sellerio (Elvira e la casa editrice) sin dai suoi inizi. 


E senza Emilia Lodigiani non conosceremmo la letteratura scandinava che oggi amiamo: fu lei, infatti, a fondare la casa editrice Iperborea e ad avviare l’opera di traduzione dei classici e dei contemporanei nordeuropei. Per il suo operato, nel 1996 il Re Carlo XVI Gustavo di Svezia e il Parlamento svedese l’hanno insignita dell’onorificenza di “Cavaliere dell’Ordine della Stella Polare”, il più alto riconoscimento che la Svezia conferisce ai cittadini stranieri.  


E, ovviamente, Inge Feltrinelli, dal ‘69 alla guida della casa editrice e poi del gruppo editoriale. “La chiamavano the queen of publishing. [...] Più che un editore Inge era un'atmosfera”: così la ricorda Simonetta Fiori, giornalista e intervistatrice che ha realizzato il più bel documento, non solo documentario, sulla vita, sul talento e sull’energia di Inge.

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