La 32enne che con le mappe e i dati aiuta il Papa a combattere il cambiamento climatico
Cartografa e ambientalista, Molly Burhans sta raccogliendo i dati e mappando i possedimenti terrieri del Vaticano nel mondo per prevenire fenomeni come le migrazioni climatiche e la scarsità di cibo
Nell’estate del 2016, Molly Burhans, cartografa e ambientalista del Connecticut allora 26enne, intervenne a una conferenza cattolica a Nairobi. E prima di rientrare negli Stati Uniti decise di passare per Roma. Arrivata nella Capitale, prenotò una stanza nell’ostello della gioventù più economico che c’era e inviò un’email ai funzionari vaticani, chiedendo se fossero disposti a incontrarla. Voleva discutere di un progetto a cui lavorava da mesi: mappare le proprietà terriere della Chiesa cattolica nel mondo per combattere il cambiamento climatico. E a sorpresa, riuscì ad avere un appuntamento presso l’ufficio della Segreteria di Stato.
Cristiana cattolica impegnata, quando era al college Molly ipotizzò addirittura di diventare suora. Poi, man mano che cresceva in lei la preoccupazione per lo stato del pianeta, le sue ambizioni si ampliarono. Iniziò così a pensare ai modi in cui la Chiesa cattolica potesse essere mobilitata come forza sovranazionale per salvare la Terra.
“Ci sono 1,2 miliardi di cattolici”, ha spiegato Molly al New Yorker. “Se la Chiesa fosse un Paese, sarebbe il terzo più popoloso, dopo Cina e India”. Non solo: la Chiesa è probabilmente il più grande proprietario terriero del mondo. I beni della Santa Sede, combinati con quelli di parrocchie, diocesi e ordini religiosi, includono non solo cattedrali, conventi e la Pietà di Michelangelo, ma anche fattorie, foreste e, secondo alcune stime, quasi duecento milioni di acri di terra.
La Chiesa aveva i mezzi per affrontare direttamente le questioni climatiche – pensò Molly – attraverso una migliore gestione del territorio, proteggendo così le popolazioni particolarmente vulnerabili dalle conseguenze del riscaldamento globale. “Non si può affrontare la crisi climatica o la perdita di biodiversità in modo tempestivo se la Chiesa cattolica non si impegna, soprattutto con le proprie terre e proprietà”, ha detto Burhans.
Nella primavera del 2015, Papa Francesco pubblicò l’enciclica “Laudato Si’”, incentrata proprio sulla necessità di proteggere il pianeta. Per lei si trattò di “uno dei documenti più importanti del secolo”. Eppure si accorse subito però che la Chiesa non aveva un vero meccanismo per raggiungere gli obiettivi elencati nell’enciclica.
Così Molly individuò e radunò un certo numero di gruppi cattolici focalizzati sull’ecologia. E nel settembre del 2015, quattro mesi dopo la pubblicazione di “Laudato Si’” e poche settimane dopo aver conseguito la laurea, fondò GoodLands, un’organizzazione la cui missione, come si legge sul suo sito web, è “mobilitare la Chiesa cattolica per usare la sua terra per sempre”.
L’obiettivo immediato era quello di utilizzare la tecnologia in cui Molly era diventata competente durante la scuola di specializzazione – i potenti strumenti cartografici e di gestione dei dati noti come sistemi di informazione geografica (Gis) – per creare un piano di classificazione del territorio che potesse essere utilizzato nella valutazione e quindi nella gestione proprietà globali della Chiesa.
Lavorò prima per raccogliere i dati, telefonando alle singole parrocchie del Connecticut, dove viveva. Arruolò volontari per la raccolta delle informazioni, tra cui diversi studenti laureati alla Yale School of the Environment. E raccogliendo dati dai registri del catasto o e da altre fonti, iniziò a mettere insieme una mappa del regno cattolico moderno. Nel 2016, il riferimento più dettagliato esistente era ancora una versione di “Atlas Hierarchicus”, con le mappe aggiornate al 1901 (!). “I confini diocesani nell’atlante erano disegnati a mano, senza una proiezione geografica standardizzata”, racconta.
Così, quando arrivò a Roma quell’estate del 2016, il suo obiettivo principale era trovare qualcuno in Vaticano che potesse darle accesso ai documenti e ai database digitali della Santa Sede. Nell’ufficio della Segreteria di Stato quel giorno incontrò due sacerdoti. Mostrò loro la mappa prototipo su cui stava lavorando e spiegò cosa stava cercando. “Ho chiesto loro dove fossero conservate le loro mappe”, ha detto. I sacerdoti, a sorpresa, le indicarono gli affreschi sulle pareti. “Fino a pochi anni fa, l’Ufficio centrale di statistica della chiesa del Vaticano non aveva nemmeno il Wi-Fi”, spiega Burhans. “Stavano tenendo i dati in un file di testo, in Microsoft Word”.
A quel punto, Burhans chiese ai sacerdoti di poter continuare a raccogliere quelle informazioni da sola. La risposta fu positiva. Li ringraziò e disse loro che sarebbe tornata. Da lì cominciò il suo duro lavoro per fare della Chiesa una potenza ambientalista.
Tra danza, mappe e dati
Molly Burhans è nata a New York City nel 1989. Sua madre, Debra, è una professoressa di informatica al Canisius College, a Buffalo. Suo padre, William, morto nel 2019, era un ricercatore in oncologia molecolare. Da ragazza, Molly era appassionata di disegno e di computer. A sei anni imparò da sola a usare Canvas, uno dei primi programmi per la grafica e il desktop publishing.
Il suo interesse principale, tuttavia, era sempre stata la danza classica. Iniziò a prendere lezioni quando aveva cinque anni e al liceo si esercitava diverse ore al giorno, sei giorni alla settimana. Nel 2007 si iscrisse alla Mercyhurst University, in Pennsylvania, con l’intenzione di specializzarsi nel balletto, ma – a causa di un infortunio – si ritirò il secondo anno.
Tornata a casa dei suoi genitori, dopo un periodo di sconforto, si iscrisse alla facoltà di filosofia del Canisius College, studiando però anche scienze, matematica e arte. Trascorse poi sei mesi viaggiando, da sola, in Guatemala, facendo la volontaria. “Quello che ho imparato è che la terra è un veicolo fondamentale non solo per la sicurezza alimentare e il sostegno dell’ecosistema, ma anche per aiutare le persone in povertà”, ha detto. E in questi viaggi incontrò diversi cristiani, “non come i cristiani che vedi in tv”, dice, “esattamente l’opposto. Così ho iniziato a pensare che forse anch’io ero cristiana”.
La famiglia di Burhans era formalmente cattolica, niente di più. E lei stessa andava in chiesa da bambina più che altro per le ciambelle. Poi, dopo essersi iscritta al Canisius College, ebbe una sorta di un risveglio spirituale. Da lì in poi iniziò a incontrare regolarmente un sacerdote gesuita. Prese lezioni di greco, in modo da poter leggere il Nuovo Testamento nella sua lingua originale. Trascorse pure una settimana in ritiro in un monastero nella Pennsylvania, dove si accorse subito che le suore non avevano per nulla una gestione oculata di tutto il verde che possedevano.
Nel 2013, l’estate prima della laurea, vide poi su Facebook una pubblicità della Conway School per un corso di laurea magistrale di dieci mesi in progettazione paesaggistica ecologica, a Conway, nel Massachusetts. È qui che imparò a usare software come Gis e ArcMap, a studiare i dati e a creare delle mappe per risolvere i problemi più disparati. E da qui arrivò a creare GoodLands per mappare i possedimenti della Chiesa.
Quasi tutto il lavoro svolto nei primi anni però era pro bono e, sebbene avesse ricevuto piccole sovvenzioni da organizzazioni cattoliche, non poteva permettersi neanche un aiuto part-time. Nel 2016 arrivò un primo stagista e solo dopo riuscì a ottenere delle collaborazioni con altri data scientist ed esperti di tecnologia.
Nell’estate del 2018, tornò a Roma per un’altra conferenza, e in quell’occasione riuscì a esporre il suo progetto direttamente al Papa. Poco prima di tornare a casa, ricevette un’e-mail in cui si diceva che Papa Francesco era interessato a fondare un istituto di cartografia vaticano, facendo una prova di sei mesi, con lei come capo. Lei era euforica, ma rifiutò, consapevole che lavorando da sola sarebbe andata incontro al fallimento certo.
Tornò invece negli Stati Uniti e iniziò a lavorare a un progetto per il tipo di istituto di cartografia di cui credeva la Chiesa avesse bisogno. Nel frattempo, alla fine del 2019 le Nazioni Unite l’hanno insignita come Young Champion of the Earth per il Nord America, un premio per gli ambientalisti di età compresa tra i diciotto e i trent’anni. E, nel frattempo, il suo lavoro prosegue, compiendo quella che è una sorta di evangelizzazione della Chiesa verso la tecnologia e lo studio dei dati, sia a livello locale che globale, con l’obiettivo di mappare le proprietà e sviluppare delle politiche per combattere e prevenire la scarsità di cibo e il fenomeno dei migranti climatici.
Big Data al servizio della Chiesa
La chiave del lavoro di Molly con Goodlands è la mappatura Gis (Geographic Information Systems), che rende possibile organizzare grandi quantità di dati e sovrapporli in modo intelligibile alle mappe, consentendo di visualizzare informazioni dettagliate sulla terra, comprese le informazioni correnti e le previsioni sul clima e sull’ambiente, dati e tendenze della popolazione.
La capacità di aggregare e comunicare informazioni utilizzando il Gis rappresenta uno strumento di trasformazione per la pianificazione e la previsione, che a loro volta sono strumenti chiave nella lotta al cambiamento climatico.
Sebbene la Chiesa sia una presenza importante a livello globale nella sanità e nell’istruzione, è infatti molto meno coinvolta nella conservazione dell’ambiente. Ma le proprietà terriere totali del Vaticano aumentano di anno in anno, poiché i fedeli regolarmente lasciano in eredità alla Chiesa terreni agricoli e proprietà private. Da qui – secondo Molly – la possibilità di usare questi immensi possedimenti terrieri per dare una svolta alla lotta al cambiamento climatico.
La strada è ancora lunga, la miccia appena innescata. Intanto GoodLands è stata l’unica startup rappresentata nel Vatican Arts and Technology Council insieme a Google, Twitter, il laboratorio di intelligenza artificiale del Mit e Facebook. Non male per una 26enne del Connecticut che sognava di fare la ballerina.