L’economia dello streaming diventa una guerra e a vincerla non è solo Netflix
La pandemia ha piazzato milioni di persone sul divano a guardare film e serie tv. I colossi dello streaming ringraziano e continuano una guerra a cui partecipano decine di aziende.
Mentre il mondo è alle prese con la più grande crisi economica dai tempi della Seconda Guerra Mondiale, l’economia dello streaming cresce a ritmi poderosi, spinta anche dagli effetti, in questo caso positivi, della pandemia. Se c’è un settore che nel 2020 non ha conosciuto crisi è stato quello dello streaming tv. Milioni di persone chiuse in casa a causa dei lockdown imposti a livello mondiale per contenere la diffusione del Covid-19 si sono presto trasformate in milioni di abbonati che, a loro volta, si sono tradotti in miliardi di ricavi per le piattaforme di streaming più popolari.
Una corsa all’ultima serie TV che ha spinto molte aziende ad entrare nel mercato e a partecipare a quella che ormai viene definita “la guerra dello streaming”. Chi noi, d’altronde, nel corso dell’ultimo anno non si è goduto una serie Tv su Netflix, un film su Amazon Prime, un cartone animato su Disney+ o un documentario su National Geographic? La lista di prodotti e di piattaforme a nostra disposizione è (quasi) infinita e i colossi dello streaming TV sono diventati compagni di vita imprescindibili in un periodo in cui divieti e distanziamento sono divenuti la nuova normalità.
La classifica delle piattaforme streaming
Lo scorso anno tutte le principali piattaforme streaming attive a livello mondiale, senza eccezioni, hanno registrato una crescita esponenziale del numero di abbonati. Leader incontrastato del mercato è Netflix che a fine 2020 contava su 203,7 milioni di abbonati sparsi per il mondo (+34% rispetto al 2019) che hanno permesso alla società californiana di chiudere l’anno con 25 miliardi di ricavi (+24%) e un rialzo in Borsa del 54%. Sono invece 150 milioni gli abbonati ad Amazon Prime Video, il servizio streaming che fa parte della più ampia offerta del colosso dell’e-commerce.
Al terzo posto troviamo invece l’azienda regina dello streaming musicale: Spotify, che ha chiuso il 2020 con 144 milioni di abbonati, più del doppio rispetto ai 68 milioni di Apple Music, la principale concorrente. Seguono, rispettivamente al quarto e al quinto posto Tencent Video, il servizio streaming cinese più diffuso nel mercato asiatico con 120 milioni di abbonati (+28% rispetto al 2019), e iQIYI di Baidu con 119 milioni di utenti (+19%). Al sesto posto nella classifica per numero di abbonati troviamo Disney+, la piattaforma che possiede le licenze di Star Wars, Pixar, Disney, Marvel, i documentari di National Geographics e il brand Star. Da novembre 2019 a dicembre 2021 Disney+ ha raggiunto quota 95 milioni di abbonati e, secondo gli analisti, ha i margini di crescita più ampi del settore. Non a caso, per il 2026, la società stima ricavi globali pari a 20,7 miliardi di dollari.
Le nuove arrivate
Fin qui abbiamo parlato dei “campioni” dello streaming audio e video. Ma il mercato pullula di società e servizi che hanno debuttato negli ultimi anni o che sono pronte ad entrare a gamba tesa nella guerra dello streaming. Il New York Times ne segnala in particolare due. Alla partita negli ultimi mesi hanno iniziato a partecipare anche Discovery+ e Paramount+, quest’ultima appartenente al gruppo Viacom.
Il giornale americano illustra nei dettagli le potenzialità del servizio streaming Discovery+, che prevede contenuti gratis e a pagamento e che si distingue dalla concorrenza per una caratteristica fondamentale. Rispetto agli altri il catalogo non si basa solo su film e serie tv, ma punta soprattutto sull’intrattenimento, con reality e programmi diventati cult negli Usa (ma anche in Italia) come “90 giorni per innamorarsi” o “Matrimonio a prima vista”. Una proposta finora assente nel mercato dello streaming. L’app Discovery+ ha debuttato sul mercato americano lo scorso 4 gennaio e in meno di due mesi è arrivata ad avere “12 milioni di abbonati in tutto il mondo, un inizio più che rispettabile che ha contribuito a rendere le azioni della società tra le migliori sull'S& P500 quest'anno”, spiega il New York Times.
Lo streaming in Europa e in Italia
Secondo l’Osservatorio europeo dell’audiovisivo, i ricavi del mercato video on demand a pagamento in Europa hanno raggiunto nel 2020 quota 11,6 miliardi di euro. Nel 2010 il fatturato non arriva nemmeno a 390 milioni. Alla base della crescita ci sono soprattutto i risultati ottenuti dal settore business svod (subscription on demand) che nel 2010 generava ricavi per 12 milioni di euro e nel 2020 è salito a 9,7 miliardi. Nello stesso arco temporale, il settore tvod (transactional on demand) è invece passato da da 377 milioni a 1,87 miliardi di euro.
Sotto il profilo aziendale, in Europa a dominare è sempre Netflix, che si piazza al primo posto anche in Italia (28% del totale abbonati svod), seguita da Amazon (18%) e TimVision (16%). Questi tre soggetti, insieme, hanno raggiunto nel 2020 una quota di mercato complessiva del 62%.
In Italia, in base all’indagine “Ctv: Anticipare il futuro” realizzata da Harris Interactive per Magnite, l’83 per cento degli spettatori usa i servizi di streaming almeno una volta alla settimana, mentre 1 spettatore su 2 guarda contenuti sulla Connected Tv (Ctv) ogni giorno. Lo streaming rappresenta quindi oltre la metà (51%) del tempo settimanale trascorso davanti alla Tv e il 64% degli spettatori afferma che sceglierebbe i servizi in streaming al posto della tv tradizionale nel caso fossero costretti a fare una scelta. Secondo gli spettatori infatti i servizi in streaming offrono contenuti di maggiore qualità. Lo studio rivela infine che fra i servizi in streaming basati su abbonamento (Svod) e i servizi basati su pubblicità (Avod), il 71% degli spettatori preferisce i primi.