Il ruolo centrale dell’economia creativa per lo sviluppo sostenibile
L’Onu ha dichiarato il 2021 “Anno internazionale dell’economia creativa per lo sviluppo sostenibile”. Senza un coinvolgimento di questo comparto, che rappresenta il 3% del Pil globale, non si raggiungeranno gli obiettivi di equità e inclusione
Abbattimento delle emissioni, salvaguardia dell’ambiente, lotta al riscaldamento globale, ma anche creatività e innovazione. L’Onu ha dichiarato il 2021 “Anno internazionale dell’economia creativa per lo sviluppo sostenibile”. Non più soltanto economia e tecnologia, quindi. Per la prima volta le Nazioni Unite hanno incluso anche creatività e cultura tra i settori determinanti per lo sviluppo sostenibile a livello globale.
La creatività e la cultura vengono riconosciuti come settori chiave per la ripresa globale, perché contribuiscono al dialogo tra i popoli e allo stesso tempo sono terreni fertili per l’innovazione e per una crescita inclusiva e sostenibile, scrive Elisa Capobianco sul sito dell’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (Asvis).
Questo nuovo approccio è spiegato bene nel rapporto “Impact Investing In The Global Creative Economy”, pubblicato sulla piattaforma “Creativity, Culture & Capital”, facendo riferimento alla risoluzione approvata il 19 dicembre 2019 dalla 74esima Assemblea generale delle Nazioni Unite, e sostenuta da più di 81 Paesi, in cui si dichiara il 2021 l’anno internazionale dell’economia creativa per lo sviluppo sostenibile.
Le industrie creative rappresentano il 3% del Pil globale. E includono svariati settori: spettacolo, editoria, pubblicità, architettura, arti e mestieri, design, moda, film, video, fotografia, musica, ricerca e sviluppo, software, giochi per computer, editoria elettronica, tv e radio. Questa percentuale è in rapido aumento, crescendo ogni anno del 9% e del 12% nei Paesi in via di sviluppo. Tanto che, secondo recenti previsioni, l’intero comparto rappresenterà circa il 10% del Pil globale nei prossimi anni.
L’impatto della creatività
C’è la possibilità, quindi, prima che il settore cresca ancora di più, di modellarlo in modo da renderlo più inclusivo e sostenibile? Per farlo – spiga Capobianco – oggi si punta sul modello di “investimento a impatto” (“impact investing”), con cui si intende un approccio di investimento che, oltre a un ritorno finanziario, mira a generare un impatto sociale e ambientale positivo e misurabile. L’investimento a impatto premia quelle imprese che seguono gli standard di sicurezza, rispettano la dignità dei lavoratori, condividono i principi della diversità e dell’equità e dimostrano attenzione per la comunità locale e per l’ambiente.
Il rapporto illustra le esperienze di numerosi Paesi e le opportunità offerte dall’economia creativa, articolandosi intorno a due grandi tematiche: la “creatività al lavoro” e la “connessione del capitale d’impatto”.
La prima sezione raccoglie le esperienze di collaborazione tra artisti innovativi, imprenditori culturali e investitori d’impatto. Tra i progetti si distingue ad esempio il modello argentino di Potrero Digital, una rete di centri di educazione tecnologica che mira a generare opportunità di impiego per giovani sottoccupati nell’economia digitale. Il termine “potrero” indica “un terreno abbandonato in un quartiere dove i bambini ancora oggi si riuniscono per giocare a calcio” ed è stato scelto per “incoraggiare quegli stessi adulti cresciuti giocando nel potrero” a trasmettere le proprie conoscenze nel campo digitale ai giovani esclusi dal settore.
Ma le collaborazioni con i pionieri del digitale possono essere funzionali anche alle arti sceniche per reinventare la connessione con il pubblico. Come è accaduto nel Regno Unito alla Royal Shakespeare Company: con l’arrivo della pandemia, la compagnia teatrale ha completamente riadattato gli spettacoli in forma digitale, grazie a finanziamenti che hanno permesso una ricostruzione online dello spazio scenico.
Sul tema della connessione del capitale d’impatto, un esempio virtuoso arriva invece dall’Italia. L'iniziativa “Fu/inding Culture - Finanza a impatto per l’arte e la cultura” si ispira all’Arts Impact Fund di Nesta con il supporto della Compagnia San Paolo. Il progetto mira a sostenere opere italiane a impatto sociale promosse da organizzazioni artistiche e culturali mediante l’erogazione di prestiti a medio-lungo termine. Non sono richieste garanzie da parte delle organizzazioni beneficiarie, ma un solido progetto che dimostri di produrre ritorni economici, finanziari e sociali. Misurabili, ovviamente.
Creatività post Covid
Certo, il Covid-19 ha inferto un duro colpo alle industrie creative, che danno lavoro nel mondo a più di 30 milioni di persone, per lo più giovani. Nel 2020, le stime dicono che la sola cancellazione delle rappresentazioni pubbliche è costata agli autori circa il 30% delle royalties globali, mentre l’industria cinematografica globale ha perso 7 miliardi di dollari di entrate.
Ma nello stesso tempo queste imprese hanno svolto un ruolo importante nella trasformazione digitale in atto a livello globale, e ancora di più da quando Covid-19 ha trasferito online gran parte delle nostre attività.
C’è “l’urgente necessità di promuovere e proteggere le industrie creative, soprattutto nel decennio che ci resta per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile”, ha spiegato Marisa Henderson, che guida il programma sull’economia creativa dell’Unctad, a Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo. “Senza di loro, è improbabile che gli obiettivi di sviluppo economico, emancipazione femminile e culturale e di riduzione della povertà vengano raggiunti”.
“Sono fondamentali per l’agenda dello sviluppo sostenibile”, ha detto anche Isabelle Durant, vice segretaria dell’Unctad. “Stimolano l’innovazione e la diversificazione, sono un fattore importante nel fiorente settore dei servizi, supportano l’imprenditorialità e contribuiscono alla diversità culturale”. E “ora più che mai, abbiamo bisogno di pensiero creativo, innovazione e risoluzione dei problemi per immaginare come uscire dalle sfide imposte dalla disuguaglianza e vulnerabilità che affrontiamo quotidianamente”, ha spiegato. “La linfa vitale dell’economia creativa può contribuire molto in questo”.
La risoluzione dell’Onu riconosce come l’economia creativa abbia il potenziale per sostenere i Paesi in via di sviluppo e i Paesi con economie in transizione nella diversificazione della produzione e delle esportazioni e per fornire uno sviluppo sostenibile in modo inclusivo ed equo.
L’Unctad ora ha il mandato di attuare la risoluzione, fungendo da agenzia principale che guida le celebrazioni annuali, che culmineranno con un vertice in Indonesia – Paese che ha proposto la risoluzione – nel dicembre 2021. Durante l’anno, Paesi e organizzazioni lavoreranno insieme per migliorare la raccolta di dati per monitorare l’andamento dell’economia creativa.