Il futuro delle raccolte fondi tra digitale e bitcoin
Nel 2020 fundraising e crowdfunding hanno registrato un successo senza precedenti. Adesso serve un salto di qualità che potrebbe arrivare sfruttando le criptovalute.
Il 2020 è stato l’anno delle raccolte fondi. Centinaia di migliaia di iniziative di fundraising e crowdfunding sono state organizzate in tutto il mondo per affrontare uno degli anni più difficili mai vissuti della Seconda Guerra Mondiale. Dare una mano agli ospedali in cerca di respiratori e nuovi posti letto, sostenere settori dell’economia rimasti fermi a causa della pandemia, aiutare singole imprese od organizzazioni a sopravvivere, dare alle persone in difficoltà la possibilità a rifarsi una vita sono diventati obiettivi condivisi da intere comunità chiamate a superare, insieme, uno dei periodi più bui della storia.
Nel nostro Paese l’esempio più eclatante di questa tendenza è stata la raccolta fondi organizzata da Chiara Ferragni e Fedez per costruire un nuovo reparto di terapia intensiva e subintensiva all’Ospedale San Raffaele di Milano. I numeri sono stati esorbitanti: in poche settimane sono arrivate donazioni per 4,5 milioni di euro da oltre 200mila persone provenienti da 100 Paesi diversi. Si è trattato del crowdfunding più grande mai realizzato in Europa e del sesto crowdfunding dal 2010 su GoFundMe nel mondo.
Anche la cultura ha approfittato di questo momento di gloria delle raccolte fondi per cercare di reperire risorse. Un esempio su tutti è l’iniziativa realizzata dal National Theatre di Londra che, durante il primo lockdown, ha trasmesso i suoi spettacoli in streaming su YouTube, raccogliendo offerte libere da parte degli spettatori.
I numeri del fundraising
Secondo l’Italy Giving Report di Vita (che ha costruito le sue stime basandosi sui dati del ministero dell’Economia), nel 2019 il valore delle donazioni in Italia ha raggiunto quota 5,528 miliardi di euro, in rialzo rispetto ai 5,32 miliardi del 2018. Ma è nel 2020 che le raccolte fondi hanno registrato un’impennata mai vista prima, arrivando addirittura a 20,8 miliardi di dollari a livello globale. Lo scorso anno infatti, la diffusione della pandemia ha spinto centinaia di migliaia di persone a donare i loro soldi per affrontare l’emergenza sanitaria, ma anche per consentire la tutela e la protezione degli operatori e dei cittadini in generale.
Per quanto riguarda il nostro Paese, in base ai dati forniti da Doxa, tra marzo e aprile 2020 sono stati 15 milioni gli italiani che hanno donato attraverso il crowdfunding. Su GoFundMe, tra marzo e maggio, sono stati raccolti 17 milioni, cui se ne sommano altri 8 racimolati attraverso altre piattaforme. Allargando l’orizzonte di osservazione al primo semestre 2020 si scopre che 3 italiani su 10 hanno effettuato donazioni in denaro, mentre per quanto riguarda l’intero anno, l’Italy giving di Vita parla di 975 iniziative attivate, per un valore complessivo di oltre 785 milioni di euro.
Infine, passando dalle donazioni benefiche agli investimenti tra privati o rivolti verso aziende, tra luglio 2020 e giugno 2021 le 79 piattaforme italiane di crowdfunding hanno raccolto oltre 500 milioni (+172% rispetto all’anno precedente). Secondo i dati forniti dal Politecnico di Milano inoltre, i minibond emessi da startup e pmi e collocati tramite crowdfunding sono stati i protagonisti assoluti del mercato, raccogliendo 22,3 milioni di euro (+696%).
Il futuro delle raccolte fondi
A decretare l’esplosione di fundraising e crowdfunding nel 2020 sono state senza dubbio le difficoltà sanitarie ed economiche innescate dalla pandemia. Sotto il profilo operativo però, un impulso importante è arrivato dal digitale: pagamenti online, web banking e piattaforme di crowdfunding hanno infatti consentito alle persone di donare con facilità e velocità, senza gli intoppi e gli step che invece caratterizzano i metodi più tradizionali.
Il digitale si è dunque imposto anche nel settore delle raccolte fondi e potrebbe essere solo l’inizio. L’Association of Fundraising Professionals mette in evidenza le potenzialità che l’applicazione di uno strumento come il bitcoin, e in generale delle criptovalute, potrebbero avere sul settore. “Con ogni nuovo progresso tecnologico, emergono nuove opportunità per la filantropia. Il successo di Telethon è stato reso possibile grazie alla combinazione dei progressi nelle trasmissioni televisive e del telefono. La donazione online sono arrivate tramite l'elaborazione online della carta di credito, il crowdfunding grazie ai social media. La prossima innovazione per trasformare la filantropia è il bitcoin”, scrivono Anne Connelly and Jason Shim, rispettivamente professoressa alla Singularity University e direttore della strategia presso Pathways dell’Education Canada.
L’articolo sottolinea come gli enti di beneficenza e le organizzazioni che hanno cominciato ad accettare donazioni in bitcoin, nonostante la sfiducia generalizzata che permea le criptovalute, stanno già cominciato a raccogliere i primi frutti. Uno studio realizzato in Canada su chi investe in criptovalute ha dimostrato infatti come il 23% di questi soggetti ha la capacità economica di effettuare una donazione ingente, eppure solo il 4% degli enti ad oggi accetta donazioni da cripto filantropi. Tra esse ci sono colossi come la Croce Rossa americana, Givewell e Wikipedia.
“Le criptovalute continuano a crescere. Pertanto, qualcosa di semplice come fornire alle persone la possibilità di donare sta diventando sempre più importante. Tuttavia, le organizzazioni capaci di addentrarsi nella comunità cripto saranno quelle che registreranno flussi in entrata senza precedenti”, afferma l’Association of Fundraising Professionals che traccia anche un profilo dei potenziali donatori: imprenditori, sviluppatori e investitori di questo settore sono molto diversi dai donatori con cui gli enti di beneficenza sono abituati a lavorare. Sono tipicamente maschi e più giovani di un donatore tradizionale. La loro filosofia è molto più libertaria, nel senso che spesso sostengono cause che danno alle persone più libertà e combattono l'oppressione.
“L'opportunità per gli enti di beneficenza è in miliardi di dollari”, continua l’associazione, spiegando che, ad oggi, lo scoglio principale rimane uno solo: ai cripto filantropi non viene chiesto di donare. "Sono ben noto nello spazio crittografico", afferma un donatore. “Non sarebbe difficile per un ente di beneficenza prevedere la mia capacità di fare una grande donazione in criptovalute. Ma non me lo chiedono mai”.
Il fundraising e il crowdfunding non rappresentano un’opportunità solo per le organizzazioni benefiche, ma anche per startup e imprese impegnate ad affrontare una crisi o in progetti di crescita e consolidamento. Saper sfruttare le potenzialità delle raccolte fondi, cogliendo le opportunità garantite dal digitale e dalle criptovalute per attrarre risorse, potrebbe fare la differenza nella strada verso il successo.