I podcast potrebbero trasformarsi in un nuovo business per i dati
Le grandi piattaforme stanno iniziando a raccogliere i dati di ascolto e a proporre pubblicità e contenuti esclusivi. Ma almeno per il momento l’ecosistema aperto del podcasting è ancora salvo
L’ascolto del podcast è spesso una esperienza offline. Il che significa che i produttori di contenuti ottengono pochissimi dati e informazioni sui propri ascoltatori. Ma questo potrebbe presto cambiare, scrive Quartz, trasformando anche il mondo dei podcast in un campo strategico per il business dei dati.
Grandi piattaforme come Apple e Spotify hanno scelto infatti di cominciare a fornire maggiori dati ai produttori di contenuti audio, ad esempio sul tempo di ascolto dei singoli episodi. E altre società stanno collezionando anche informazioni sui download per cominciare ad analizzare chi ascolta cosa, come e per quanto tempo.
Settore in continua crescita
Il settore non ha subito alcun contraccolpo dalla pandemia. Anzi: i podcast sono letteralmente esplosi negli ultimi mesi. Anche con un numero molto più basso di persone che si recano al lavoro – momento molto comune per l’ascolto – i download complessivi negli Stati Uniti sono aumentati vertiginosamente nel 2020, secondo i dati della società di misurazione Chartable.
Ma la pandemia sembra aver influenzato quello che le persone ascoltano. Secondo i dati raccolti da Podtrac, i download complessivi degli ascoltatori statunitensi sono aumentati del 42% da ottobre 2019 a ottobre 2020, ma con un’enorme differenza per il genere di podcast scelto. La popolarità dei notiziari è esplosa. Programmi come “The Daily” del New York Times e “Today, Explained” di Vox hanno registrato enormi aumenti nei download da parte di persone che cercano di comprendere il virus e il suo impatto. Il genere più colpito è stato invece il “true crime”: la categoria è cresciuta del 25% da ottobre 2019 a febbraio 2020, ma non ha visto alcuna crescita da marzo, dopo i primi lockdown.
Come si muovono i big
Spotify sta guidando la più grande corsa agli investimenti che l’industria dei podcast abbia mai visto. Negli ultimi due anni, la piattaforma ha speso più di 600 milioni di dollari per acquisire tre reti di podcast, tra cui The Ringer di Bill Simmons. Perché? L’attività principale di Spotify, la musica, drena molte risorse. Con i podcast, invece, Spotify non deve trasferire una grossa fetta delle sue entrate alle etichette discografiche.
Allo stesso tempo, però, Spotify si sta anche allontanando dall’ambiente aperto del podcasting offrendo contenuti esclusivi. Sta vendendo pubblicità interne e, a differenza di altri nel settore, dispone soprattutto dei dati degli ascoltatori. Gli utenti di Spotify, al momento dell’iscrizione, forniscono infatti i propri dati all’azienda e la app monitora l’ascolto e le scelte degli utenti.
Al mercato dei podcast sembra sempre più interessata anche Apple. Secondo quanto riporta The Information, a Cupertino si starebbe «discutendo il lancio di un nuovo servizio di abbonamento per ascoltare podcast». Una sorta di Netflix dei podcast alla quale si starebbe pensando, ma senza dettagli sullo sviluppo del progetto. Ancora nessuno sa, in effetti, se un servizio del genere potrebbe funzionare. Se si guarda ad altre piattaforme, in effetti, nessuna ha mai veramente sfondato – scrive Vulture. Per cui non è detto che Apple ottenga i risultati sperati.
La passione di Hollywood per i podcast
Intanto, anche gli studi di Hollywood stanno utilizzando i podcast per decidere quali film realizzare. Hollywood – racconta Quartz – ha estratto dai podcast le idee sin dai primi anni 2000. Ma il rapporto tra l’industria cinematografica e quella dei podcast è ora avanzato al livello successivo. Le società di produzione cinematografica e televisiva utilizzano sempre più i podcast come incubatori di contenuti, testando idee in audio per decidere se possono poi fare il salto sugli schermi.
Rispetto a film e programmi tv, i podcast sono economici da produrre e quindi una forma a basso rischio con cui testare i concetti di film. Sono anche spesso vicini al linguaggio cinematografico, utilizzando doppiatori, effetti sonori, musica e altri schemi narrativi presi in prestito dalla tv e dai film.
Un ambiente aperto
I veterani del podcast, però, ora sperano che il settore non diventi ossessionato dai dati e dominato dai giganti della tecnologia come altri ambiti digitali. Il tiro alla fune tra piattaforme, produttori e inserzionisti darà forma alla prossima fase del settore dei podcast. E alcuni podcaster si stanno già ribellando contro Spotify. Joe Budden, ex rapper e critico culturale, ha ritirato ad esempio il suo podcast esclusivo da Spotify ad agosto, dicendo che non riceveva abbastanza soldi dalla compagnia.
È un segno che l’ecosistema aperto del podcasting è ancora solido. Almeno per ora, gli Spotify del settore dovranno adattarsi, invece del contrario.