Educazione al desiderio: idee e consigli

È possibile educare al desiderio?

Non è un capriccio, ma una vocazione che conferisce senso alla vita. La sua assenza nei più giovani è fonte di patologie e per prevenirle è importante chiedersi se è possibile e come educare al desiderio

Massimo Recalcati
Massimo Recalcati
16/03/2021 , tempo di lettura 3 MINUTI

Cosa intendiamo per desiderioL’immaginario collettivo associa il desiderio al capriccio, all’arbitrio, alla possibilità di agire assecondando la propria volontà e facendosi beffa del limite. Nel discorso della psicoanalisi, la parola desiderio, che in tedesco si dice Wunsch ‘voto’ e che Lacan traduce con ‘vocazione’, ha invece un significato contrario a quello assunto nel linguaggio comune: non ricerca di un piacere più o meno effimero, ma forza, energia libidica, vocazione, chiamata che conferisce unità, senso, profondità alla vita.  

Il desiderio di cui parla la psicoanalisi non ha nulla a che fare quindi con l’intenzione, né con il bisogno, perché non è determinato dall’Io, ma dall’inconscio. Non può essere scelto, sfugge ad ogni tentativo di controllo e gestione dell’Io; è ingovernabile; oltrepassa il soggetto, al quale pur appartiene intimamente. Questa è una prima definizione di ‘desiderio’. 

La mancanza del desiderio

Nel nostro tempo, caratterizzato da una crisi profonda del discorso educativo, la malattia principale è l’eclisse del desiderio, il suo tramonto. Il soggetto fatica a desiderare, rinuncia ad assumere l’impegno del desiderio, confonde il desiderio con il capriccio, non tollera la tenacia, la costanza, il coraggio, il decentramento, la vertigine che il desiderio comporta. Perfettamente in grado di riconoscere le proprie voglie, si sottrae alla vera scelta che implica il desiderio, e della quale ne va di tutta la sua esistenza. 

Seguire la propria vocazione

Rispondere alla chiamata del desiderio significa prestare ascolto alla forza della propria vocazione, a ciò che è nostro e più ci caratterizza, al talento che dovremmo onorare e moltiplicare, e che la paura costringe spesso a misconoscere, nascondere, sacrificare. Dire sì al desiderio significa anche sottrarsi alla morsa degli altri, alle loro aspettative e ai progetti della famiglia, per affermare se stessi, e quello che si è. 

Giacomo Leopardi si oppone ai genitori e comunica in una lettera del 1819 al padre il suo intento:  "Voglio piuttosto essere infelice che piccolo, e soffrire piuttosto che annoiarmi, tanto più che la noia, madre per me di mortifere malinconie, mi nuoce assai più che ogni disagio del corpo". Gustave Flaubert, considerato dalla famiglia un idiota, sovverte tutti i pronostici diventando un genio. E Giorgio Morandi, destinato ad essere un commerciante, si oppone al progetto dagli altri, per divenire quello che è, un pittore. 

Ecco: noi facciamo esperienza del desiderio quando, contro tutto e tutti, facciamo esperienza di una scelta che segna il destino della nostra vita, quando facciamo del desiderio un dovere etico, un imperativo categorico da osservare, una Legge che chiede di essere onorata. Essere responsabili del proprio desiderio significa quindi non volgere le spalle alla sua chiamata, ma essere capaci di risposta

I giovani e l'assenza di desiderio

Da un punto di vista clinico, le forme di patologia a diffusione epidemica soprattutto tra i giovani – l’anoressia, la bulimia, la tossicomania, l’alcolismo, la violenza, la dipendenza dagli oggetti tecnologici – sono accomunate dalla stessa difficoltà di desiderare, sono legate da un desiderio senza più forza, abulico, sfibrato, latitante, irriconoscibile. 

Sembra un paradosso: i nostri figli, che hanno accesso ad una libertà mai conosciuta prima, non riescono a desiderare, ad avere una vocazione, ad essere attraversati ed animati da una passione. Nella mia attività clinica, ascolto spesso ragazzi che affermano di vivere in un’esistenza impossibile da soggettivare e  da rivestire di senso. 

Ma se il desiderio è ciò che dà senso alla vita e se il nostro tempo è il tempo dell’eclisse del desiderio, come possiamo in quanto educatori – genitori, pedagogisti, insegnanti, assistenti sociali – alimentare il desiderio? Come possiamo mantenere acceso il suo fuoco? Come possiamo opporci a questo destino ineluttabili di estinzione del desiderio che il nostro tempo sembra provocare? È possibile cioè educare al desiderio?


Ringraziamo Massimo Recalcati per il contributo.

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