Dopo la pandemia, un nuovo approccio critico alla scuola digitale

Dopo la pandemia, un nuovo approccio critico alla scuola digitale

Alla luce dell’esperienza della pandemia, quali sono le lezioni importanti che possiamo impiegare per ridisegnare una Dad più efficace e funzionale?

22/12/2020 , tempo di lettura 4 minuti

Croce e delizia di professori e studenti, la Dad – Didattica a distanza – ha garantito la continuità dell’insegnamento e dell’apprendimento durante l’emergenza Covid-19. Uno shock culturale per il sistema scolastico italiano che vanta limitate esperienze di scuola digitale. Ma che ha aperto gli occhi, nell’emergenza, su una nuova modalità innovativa da affiancare alla didattica tradizionale. 


Persino gli insegnanti più scettici hanno dovuto familiarizzare con videolezioni e compiti a casa diversi dal solito, rinunciando alla classica unità di misura dell’“ora di lezione”. Una trasformazione che potrebbe essere ora il preludio di un cambiamento permanente verso una nuova ibridazione umano-digitale nell’insegnamento. Ma come affrontarlo?


Cosa abbiamo imparato dal lockdown


Nell’ambito delle attività di ricerca su educazione e digitalizzazione, il Cnr ha analizzato durante il lockdown le pratiche adottate dagli attori in campo alle prese con la scuola digitale. Ne è venuta fuori una mappa con tre diverse identità professionali tra i professori. La prima è quella degli “stiliti”. «Secondo gli stiliti il digitale è destinato a snaturare la forma scolastica, che è presenza fisica e relazioni tra corpi», spiega Paolo Landri, ricercatore dell’Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali (Irpss) del Cnr. Poi ci sono gli “allineati”, ovvero quelli che «vedono nella didattica a distanza una finestra di opportunità per passare alla scuola digitale e metterla al passo con i tempi della generazione dei nativi digitali». E infine gli “attivisti dal basso”, che «provano a sperimentare soluzioni ad hoc, mettendosi in gioco professionalmente, e a passare alle nuove configurazioni blended della scuola con un atteggiamento interessato a sviluppare circuiti virtuosi tra tecnologie e pedagogia». 


Il futuro della Didattica a distanza


Ovviamente, spiega Landri, il passaggio a una formula mista di scuola non avviene senza frizioni: può essere rifiutata, accettata o assorbita acriticamente. E la scuola italiana non ha una storia di particolare propensione all’innovazione. Il questionario insegnanti Invalsi 2014-2017 rivela infatti un aumento delle dotazioni infrastrutturali, ma un loro scarso uso. A fronte di una presenza di computer, videoproiettori e internet già in misura estesa in tutte le scuole italiane, nel 2014 gli utilizzatori sono stati solo il 20% nel 2014 e il 53% nel 2017. I notevoli investimenti nel digitale insomma non si sono tradotti in un diffuso cambiamento nei modelli di insegnamento-apprendimento. 


Lo stato d’eccezione può ora creare situazioni favorevoli al digitale, ma non è una condizione sufficiente perché l’interazione avvenga, e soprattutto che avvenga nel migliore dei modi. In questo quadro, spiega Landri, occorrerebbe una nuova politica in grado di cambiare il paradigma dal “digitale per forza” al “digitale per scelta”. Una nuova visione in cui il processo educativo entri in un rapporto di collaborazione e non di dipendenza con gli strumenti digitali. Con un atteggiamento critico, che implica nuove competenze degli attori in campo e che permetta di scegliere e discernere tra le piattaforme e i device più adatti, senza subirli.  


Durante il lockdown, si è fatta una scelta indistinta tra le piattaforme delle Big Tech, mettendo tutto in un unico calderone. Così come accade nel mercato dei libri di testo, le scuole si sono mosse nello spazio dell’offerta digitale, limitandosi ai nomi più noti, senza poter fare una scelta ponderata.


Dopo questa esperienza, occorrono competenze per scegliere cosa e come usarlo, ben sapendo che ciascuna tecnologia orienta in maniera differente il processo di apprendimento e di insegnamento. «Vedremo come sarà assorbito lo shock della pandemia», conclude Landri. «Se cioè assisteremo all’ennesima riproduzione della scuola disciplinare che guarda in modo dualistico al digitale e alla presenza fisica, se se ne sta delineando una asimmetricamente digitale o se, invece, vi sarà una scuola pubblica rinnovata ed equilibrata». 

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