Divulgare per creare valore condiviso. Intervista con Anita Penati
Ricerca scientifica e innovazione svolgono un ruolo determinante nello sviluppo sociale ed economico del Paese e delle comunità locali ma questo ruolo dipende dalla capacità di mettere davvero in comune i risultati del progresso tecnologico e dei saperi in generale. Non c’è reale sviluppo se non viene comunicato in modo efficace, se quelle conoscenze non diventano una risorsa collettiva, a disposizione anche di un pubblico non specialistico. Questo il bisogno alla base di TRASMISSIONI, il progetto formativo sulla divulgazione progettato da Feltrinelli Education per Fondazione Caritro e aperto allə ricercatorə del territorio trentino.
Le competenze divulgative per lə ricercatorə non sono solo un valore aggiunto, ma un elemento imprescindibile per garantire il senso stesso della ricerca, e cioè la possibilità che il sapere possa produrre valore condiviso. Tanto che in ambienti scientifici si parla di disseminazione scientifica, ancor più che di divulgazione, per restituire il concetto che la condivisione del sapere sia, intrinsecamente, generativa.
Una prospettiva resa ancora più attuale dal proliferare di sempre nuovi spazi di comunicazione e divulgazione e dalla crescente richiesta da parte del pubblico di contenuti di qualità: un’opportunità per chi tutti i giorni si occupa di ricerche approfondite e informazioni di interesse comune. Per coglierla però non bastano gli strumenti della ricerca, serve investire nella capacità di trasformare un contenuto specialistico in una storia coinvolgente e accessibile, adatta a diversi format e linguaggi, senza tradirne la complessità.
Per tutte queste ragioni l’interesse al tema della divulgazione scientifica da parte di un ente privato come la Fondazione Caritro è particolarmente prezioso, una fondazione con una lunga storia di supporto al progresso dei saperi e allo sviluppo del territorio trentino in particolare. Di conoscenza, divulgazione, formazione e ruolo degli enti privati abbiamo parlato con la dottoressa Anita Penati, Direttrice della Fondazione.
Le fondazioni bancarie nascono con l’obiettivo dichiarato di sostenere lo sviluppo delle comunità in cui operano e dunque settori di interesse comune, come la ricerca scientifica, la formazione, il volontariato e la cultura. L’impatto sociale è dunque inscritto nel DNA delle fondazioni. Ma, in particolare, qual è la storia di Fondazione Caritro? Quali sono state le sue principali iniziative e quali le sue aree di intervento?
Fondazione CARITRO è un esempio emblematico di come le fondazioni bancarie abbiano saputo evolversi e adattarsi alle necessità delle comunità in cui operano, mantenendo al centro della loro missione l'impatto sociale della propria attività. Nata all'inizio degli anni Novanta, precisamente nel 1992, in seguito alla riforma bancaria imposta dalla legge Amato, la Fondazione CARITRO è il risultato dello scorporo della Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto dalle sue attività bancarie tradizionali. Questa separazione ha permesso di destinare una parte significativa del patrimonio a sostegno di iniziative di utilità sociale, confermando un impegno che queste casse di risparmio hanno comunque sempre avuto, già da ben prima della costituzione della Fondazione.
Fin dall'inizio, la Fondazione ha scelto di concentrare i suoi sforzi in quattro aree principali di intervento: la promozione valorizzazione della ricerca scientifica, il sostegno all'istruzione e all'educazione, l'incremento delle attività culturali e il supporto al volontariato sociale. Questa scelta non è stata casuale ma è derivata da un'attenta analisi delle necessità del territorio e delle sue peculiarità. Ad esempio, la decisione di investire fortemente nella ricerca scientifica è stata motivata dalla presenza nel territorio di centri di eccellenza e dalla volontà di contribuire al loro sviluppo e alla loro affermazione a livello nazionale e internazionale.
Negli anni, la Fondazione ha saputo distinguersi per la capacità di essere motore di iniziative innovative, come il sostegno a giovani ricercatori, l'avviamento di progetti di ricerca di rilievo in collaborazione con istituzioni locali e internazionali, e il finanziamento di attività culturali in grado di valorizzare il patrimonio storico, artistico e letterario del territorio. Penso al nostro contributo alla nascita del polo universitario di Rovereto e allo sviluppo della ricerca a sostegno del campo medico dell’Università di Trento, anche attraverso le convenzioni per specifici progetti che vengono rinnovate ogni anno e che si inseriscono all’interno di un piano strategico quinquennale. La Fondazione è orientata a finanziare progetti anche con valenza pluriennale che siano in grado di dare impulso alla ricerca scientifica coinvolgendo altri soggetti secondo una logica di sistema privilegiando ove possibile iniziative che dimostrino nel tempo potenziali ricadute tangibili per lo sviluppo del territorio. Non basta investire in attività di ricerca ma è importante incentivare lo sviluppo delle competenze dei ricercatorə.
Come siete giunti a interessarvi al mondo della divulgazione scientifica con il progetto TRASMISSIONI ideato con Feltrinelli Education?
Il nostro interesse verso la divulgazione scientifica e la decisione di avviare il progetto TRASMISSIONI in collaborazione con Feltrinelli Education nascono da una riflessione profonda sul ruolo della Fondazione nell'ecosistema della ricerca e dell'educazione. Riconoscendo l'importanza crescente della scienza e della tecnologia nella società contemporanea, ci siamo resi conto che uno dei principali ostacoli alla piena valorizzazione dei risultati scientifici è rappresentato dalla difficoltà di comunicarli efficacemente al grande pubblico. Questa constatazione ci ha spinto a indagare più a fondo le esigenze dei ricercatori, soprattutto dei più giovani, attraverso un processo di ascolto e di dialogo diretto.
Il feedback raccolto ha evidenziato una forte richiesta di supporto nella divulgazione delle proprie ricerche, non solo per una questione di visibilità ma anche per la necessità di coinvolgere attivamente la comunità nei processi di ricerca e innovazione. Da qui la scelta di ideare TRASMISSIONI, un progetto che punta a colmare questo divario, fornendo ai ricercatori gli strumenti e le competenze per comunicare in modo efficace e coinvolgente.
TRASMISSIONI si propone di realizzare una serie di attività formative, laboratori e incontri, pensati per migliorare le capacità comunicative dei partecipanti e per stimolare la creazione di contenuti divulgativi di qualità. L'obiettivo è duplice: da un lato, rendere i ricercatori più consapevoli del potenziale impatto sociale della loro attività; dall'altro, avvicinare il pubblico alla scienza, rendendolo partecipe dei progressi e delle scoperte che possono avere un impatto diretto sulla vita quotidiana.
La collaborazione con Feltrinelli Education, per la sua esperienza nel campo della formazione e del lavoro culturale, è stata determinante per dare forma a un progetto che si distingue per l'approccio innovativo e per l'attenzione alla qualità dei contenuti proposti. TRASMISSIONI rappresenta quindi un esempio concreto di come la Fondazione intenda agire come catalizzatore di cambiamento, promuovendo una cultura scientifica accessibile e partecipata.
Quali sono a suo avviso le principali competenze e valori su cui una buona divulgazione dovrebbe reggersi?
Penso che, innanzitutto, sia fondamentale conoscere, ascoltare e comprendere chi è il proprio interlocutore. Una volta fatto ciò, è importante trovare il linguaggio e lo stile comunicativo più adatti per presentare i contenuti utili a quel pubblico, stabilendo una correlazione tra il loro mondo e la ricerca. Questo richiede non solo la capacità di parlare in pubblico, ma anche un'abilità analitica per tradurre la ricerca in modo che sia utile per l'audience, trovando correlazioni e opportunità che emergono dalla conoscenza di quella ricerca. Oltre a ciò, è necessario anche avere una conoscenza approfondita dei diversi modi strumenti e canali con cui si può comunicare, sfruttando le potenzialità del web e scegliendo lo strumento più adeguato a seconda del pubblico che si vuole intercettare.
Di recente abbiamo fatto esperienza di un gruppo di lavoro che ha messo in contatto tra loro ricercatorə provenienti da ambiti molto diversi, il che ha stimolato una riflessione sulla possibilità di aiutarsi reciprocamente. Un'occasione simile non era mai esistita in questo territorio e rappresenta un'opportunità preziosa. Questo rimane uno dei nostri obiettivi trasversali: creare momenti di interconnessione e scambio che permettano di interconnettere le ricerche, creando nuove potenzialità e permettendo agli studiosi di condividere conoscenze, problematiche e opportunità. Questo rappresenta un ulteriore valore aggiunto del nostro percorso: la creazione di una comunità.
La divulgazione scientifica può svolgere un ruolo cruciale nel rendere la ricerca più accessibile e nel favorire l'interazione tra diverse discipline, potenzialmente portando a nuove innovazioni. Non privilegiamo un settore rispetto a un altro; negli ultimi anni, sebbene ci sia stata una predominanza delle ricerche nel campo tecnologico, riconosciamo anche l'importanza delle applicazioni in ambiti come la sociologia, l'economia e il diritto, così come l'impatto delle tecnologie e delle innovazioni su questi campi. La Fondazione mira a sostenere un'ampia varietà di ricerche, promuovendo le interconnessioni tra i diversi settori.
Quali metodi o strategie intende adottare la Fondazione per valutare l'efficacia e l'impatto del progetto TRASMISSIONI sui partecipanti e, più in generale, sulla divulgazione scientifica?
La valutazione dell'efficacia e dell'impatto del progetto TRASMISSIONI rappresenta una sfida complessa e certamente il nostro approccio valutativo evolverà insieme al progetto, che è in divenire.
Cerchiamo sempre di monitorare e valutare alcuni percorsi definiti, stabilendo obiettivi quantitativi per misurare il nostro successo. Utilizzeremo questionari sia prima che dopo le nostre iniziative per capire l'impatto del nostro contributo rispetto alle aspettative iniziali. Le valutazioni saranno principalmente qualitative e stiamo ancora definendo gli strumenti adeguati per raccogliere queste informazioni. Non ci limiteremo a valutare il numero di ricercatori coinvolti o il loro grado di soddisfazione, ma effettueremo anche analisi posteriori al termine di un ciclo formativo per osservare cambiamenti, ad esempio, nell'utilizzo dei social media, nei canali di comunicazione, o nella natura delle presentazioni delle ricerche, sia online che in presenza, che speriamo possano diventare meno verticali e accessibili ad un pubblico più ampio.
Nei nostri bandi richiediamo anche che i partecipanti descrivano come intendono presentare i loro risultati scientifici, gestire presentazioni più generali e interagire con altri partner locali. Fino ad ora, abbiamo riscontrato una certa carenza debolezza in questo aspetto e speriamo di osservare miglioramenti significativi in futuro.
Infine, sarà fondamentale valutare l'impatto a lungo termine del progetto, monitorando la traiettoria professionale dei ricercatori coinvolti e il loro impegno continuativo in attività di divulgazione. Questo permetterà di comprendere se l'iniziativa abbia contribuito a radicare una cultura della divulgazione all'interno della comunità scientifica e quali effetti abbia avuto sulla percezione pubblica della scienza.
Quale ruolo gioca la formazione nella missione della Fondazione? La formazione avanzata può essere il punto di incontro più efficace tra il suo ruolo pubblico e le esperienze più virtuose del settore privato?
Passiamo dal settore della ricerca al settore della formazione, ma sono interconnessi. Le fondazioni, e in particolare la nostra, che ha il vantaggio di operare in un contesto economico particolare come quello della Provincia di Trento. Da tempo ci poniamo l’obiettivo di spronare le istituzioni scolastiche ad elevare il livello di formazione, stimolando chi opera in questo settore ad adottare approcci più innovativi. Collaboriamo strettamente con la Provincia e con l’Iprase, l'ente responsabile della formazione dei docenti, per portare innovazione didattica e sviluppare nuovi modelli educativi che possano supportare gli insegnanti, dotandoli di competenze trasversali utili a fronteggiare le nuove sfide complesse emerse, ad esempio, dalla situazione di COVID e dall'apprendimento a distanza, così come dai disagi giovanili.
Cerchiamo di attivare l'innovazione didattica, non solo per introdurre nuove competenze tra gli insegnanti ma anche per aiutarli a gestire il cambiamento nei vari scenari educativi. Siamo attenti a lavorare su temi che consideriamo importanti, come l'educazione finanziaria, l'alfabetizzazione digitale e, quest'anno, la parità di genere, cercando di incidere su questi aspetti con un approccio trasversale. Nel contesto di cui parlavo prima, riteniamo che ci siano priorità specifiche da affrontare per potenziare in modo uniforme l'intero sistema scolastico.
Nel percorso di TRASMISSIONI abbiamo anche pianificato opportunità formative per coinvolto anche l’ordine dei giornalisti. L'obiettivo non era solo fornire loro strumenti aggiuntivi, ma anche far comprendere l'importanza della divulgazione, soprattutto considerando che la stampa locale, spesso sovraccarica di lavoro, non dispone di giornalisti dedicati a specifici settori. La partecipazione a percorsi di divulgazione, come quello tenuto da Chiara Valerio per inaugurare TRASMISSIONI, è stata molto partecipata, evidenziando l'interesse verso la divulgazione come ulteriore canale di comunicazione e dialogo.
Sul mondo della formazione ci sarebbe molto altro da dire, ma credo che la posizione privilegiata di un ente privato che opera in un contesto diverso ci permetta di innovare e di stimolare un cambiamento. Su questo la Fondazione può e deve contribuire, pensando al futuro e alle necessità delle nuove generazioni, aiutandole a comprendere e ad affrontare i cambiamenti, fornendo stimoli su quali possono essere le priorità, le urgenze e le opportunità da cogliere.
Ha parlato giustamente dei giovani. Questo tipo di intervento formativo è importante per il territorio e anche per le carriere individuali, perché queste competenze trasversali possono fare la differenza nel mondo del lavoro, ed è qualcosa su cui anche noi di Feltrinelli Education ci concentriamo molto.
Penso a una persona che abbiamo contattato qualche anno fa, che ci aiutava a sviluppare percorsi interni. Veniva dal mondo della ricerca e aveva già lavorato all'estero, trasformando poi la sua carriera da ricercatrice sui cambiamenti climatici a formatrice sui temi della comunicazione, avendo notato che i ricercatori italiani, nonostante avessero molte competenze e conoscenze, faticavano a divulgare i propri lavori a causa di una cultura che valorizza meno la comunicazione rispetto ad altri contesti internazionali. I paesi anglosassoni, ad esempio, insegnano l'importanza della comunicazione efficace fin dalle scuole elementari, a differenza dell'Italia.