Didattica a distanza e Susan Shapiro: l’esperienza di una tecnofoba

Didattica a distanza e Susan Shapiro: l’esperienza di una tecnofoba

Susan Shapiro, autrice e docente, racconta come l’esperienza del lockdown ha modificato il suo modo di percepire la didattica a distanza.

22/12/2020 , tempo di lettura 4 minuti

«Molti professori avevano insegnato online per anni, per scelta. Non io. Io sono stata costretta». Susan Shapiro, insegnante di scrittura, autrice di numerosi bestseller e contributor per diversi giornali americani – dal New York Times al Washington Post – ha raccontato su Wired la sua esperienza alle prese per la prima volta con la didattica online. Ero una «tecnofoba di Manhattan», scrive, «preoccupata che nessuno si sarebbe iscritto ai miei corsi online» e che così «avrei perso il mio lavoro». 


Tra la pandemia, i problemi tecnici, il Wifi non sempre perfetto e le proteste razziali in corso negli Stati Uniti, trasferire grandi aule in piccoli laptop sembrava impossibile e anche disumanizzante. E invece, non solo gli studenti improvvisamente sono apparsi sullo schermo del suo computer, ma via via sono stati sempre di più. 


«È stata certamente la mia esperienza lavorativa più strana in 25 anni da insegnante al college», ammette. «Ho lavorato al computer tutto il giorno, quando invece avevo scelto di insegnare per interagire con esseri umani vivi». 


Il punto di vista degli studenti


Il punto di svolta è stato chiedere agli studenti dove si trovavano e come stavano reagendo alla pandemia. Si scoprì così che c’erano studenti americani, ma anche tanti studenti stranieri che erano tornati a casa, connettendosi su Zoom non solo da ogni parte degli Stati Uniti, ma anche da Belgio, Messico, Canada e Malesia.


C’era chi, dal Vietnam, si era svegliato all’alba per accendere puntuale il laptop e seguire la lezione. E anche chi, connesso dall’Italia, seguiva le lezioni in piena notte. «Guardare le loro camere da letto, le cucine e i garage sembrava intimo», racconta Shapiro. «Vedere partner e bambini, o gatti che saltavano, ci ha fatto ridere e sentire più vicini. Raramente ero stata nelle residenze studentesche, avevo incontrato i loro animali domestici o i loro bambini in 25 anni».


Alla domanda «Come stai reagendo?», le risposte sono state sorprendenti. Dietro la webcam, si sono scoperte storie di malattia, disoccupazione, insicurezza alimentare, difficoltà a gestire i figli. Il primo testo da scrivere assegnato come compito a casa chiedeva di raccontare quello che stavano provando. 


«Sentirsi impotenti, condividere turbolenze e traumi è stato rinforzante», racconta la docente. «Mi sono chiesta se ci sarebbe stata una versione del “Come stai reagendo?” che in futuro si sarebbe potuta trasferire anche alle lezioni dal vivo».


Messa da parte la tecnofobia e il timore per l’improvvisa apparizione di un porno durante le lezioni, Shapiro ha invitato durante le sue lezioni giornalisti e agenti letterari connessi da ogni parte con i propri laptop. «C’era una più ampia possibilità di invitare degli ospiti alle lezioni online rispetto a quelle ordinarie. Un vantaggio inaspettato», racconta.  


I risvolti positivi della didattica a distanza


Col passare dei mesi, la frequenza aumenta. Più alta delle lezioni dal vivo. Una mamma con la bimba addormentata accanto spiegò che avrebbe potuto frequentare di più perché non era costretta a pagare i mezzi pubblici e la baby sitter per la figlia. «La bambina può restare?», domandò. «Nessun problema», rispose Shapiro, chiedendole solo di spegnere il microfono nel caso in cui si fosse messa a piangere. Uno studente disabile, con difficoltà di accesso alla metropolitana, spiegò che per lui le lezioni online erano più semplici da seguire. 


«All’improvviso fui grata per questa alternativa più sicura e accessibile», racconta Shapiro. «Invece di concentrarmi sul mal di testa, ho stilato un elenco di motivi per cui ero grata alla didattica online: essere in grado di lavorare senza dovermi spostare; connettermi a persone che altrimenti non avrei incontrato; migliorare l’accesso alle lezioni a studenti con disabilità, problemi di gestione dei figli e pendolarismo». 


Molti studenti si fermavano davanti allo schermo ben oltre l’orario di lezione. Alcuni hanno organizzato incontri e workshop a distanza, rimanendo in contatto e incoraggiandosi a vicenda. Laddove in aula c’era un numero limitato di 25 sedie, stavolta sullo schermo erano in 50 o più. Persone che non avrebbero potuto seguire le lezioni dal vivo a New York ora potevano farlo. 


E i risultati sono stati senza precedenti. Decine di studenti dei corsi hanno pubblicato articoli. C’è chi ha ottenuto una borsa di studio e chi è stato contattato da un editore per pubblicare qualcosa di proprio. «Ero scioccata», racconta Susan Shapiro. «I miei corsi di scrittura non erano solo “traducibili” online, ma erano addirittura migliori».


Traslocare online per la «tecnofoba di Manhattan» non è stata una decisione volontaria. Eppure, alla fine, «mi ha insegnato che l’apprendimento non deve essere limitato da fattori esterni», ammette. «Con compromessi e cura, siamo stati in grado di collegare cavi, teste e cuori. Quando tornerò nella mia classe il prossimo trimestre, spero di continuare a insegnare anche online, tenendo aperta questa finestra miracolosa e affascinante sul mondo dal mio piccolo schermo».


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