Dai libri ai monumenti: come imparare e fare cultura attraverso il digitale
Per avvicinarsi alla cultura non sono necessari volumi pesanti e polverosi, ma si possono studiare i classici e visitare i musei anche sfruttando le potenzialità del digitale
In tempo di Covid-19, la scuola e l’Università hanno fatto e continuano a fare i salti mortali per garantire agli studenti il diritto all’istruzione. La didattica a distanza è stata una rivoluzione che ha stravolto ogni meccanismo conosciuto e sperimentato fino all’esplosione della pandemia, a volte con successo, altre - molte altre - facendo emergere barriere e difficoltà difficili da superare, primo fra tutti il digital divide esistente non solo tra le diverse zone del Paese, ma anche tra le differenti generazioni e classi sociali. In pochi mesi, il mondo dell’Istruzione è stato costretto a recuperare, o meglio, a tentare di recuperare, un ritardo accumulato in decenni in cui i libri, la carta e i banchi sono stati l’unica via d’accesso alla cultura e all’apprendimento. Come se il peso di ogni volume e l’inchiostro sulle mani fossero essi stessi veicoli di cultura.
Eppure, nonostante tutti i limiti e le difficoltà sperimentati nel corso dell’ultimo anno, in un panorama dalle tinte oscure è emerso qualche raggio di luce digitale che ci ha fatto comprendere come il cambiamento non debba essere di per sé negativo e come, tramite una corretta implementazione, le novità arrivate durante questa pandemia possano trasformarsi in nuove risorse destinate a restare e migliorare la nostra formazione.
Abbiamo studiato su Zoom e chiacchierato coi colleghi di lavoro su Slack, abbiamo assistito a concerti in streaming dai nostri divani, abbiamo visitato mostre e musei dagli schermi dei nostri computer, ci siamo goduti qualche spettacolo teatrale messo in piedi da una compagnia indipendente seduti sulle poltrone di un salotto e non di un teatro. Abbiamo, in sostanza, avuto accesso alla cultura e alla formazione che fino a poco tempo prima erano strettamente legate alla presenza fisica e che, con l’isolamento sociale, sono saltate a piè pari nel digitale e nel web.
Parliamo ancora di qualche sparuto esempio, ma non è detto che quando l’emergenza Covid-19 sarà finalmente conclusa, molti degli esperimenti fatti non si trasformino in una realtà consolidata in grado di farci compiere quel salto in avanti che tutti stavamo aspettando. “Il digitale è semplicemente una precondizione per lo studio e la produzione di nuova conoscenza (e cultura!) in tutti gli ambiti contemporanei, e questo ovviamente include le scienze umane”, spiega in un’intervista rilasciata ad ArtTribune Jeffrey Schnapp, fondatore del metaLAB della Harvard University.
Schnapp, che si occupa da decenni di musei e cultura museale, racconta l’importanza del digitale e delle digital humanities per la formazione culturale: “abbracciare il digitale - afferma - comporta una trasformazione del cuore dell’identità e del modus operandi del museo...Ossia, il museo come tessuto di connessioni e non solo di collezioni”. Negli ultimi anni, qualcosa comincia a muoversi anche in italia, con i principali musei che sembrano aver scoperto “un nuovo mondo”: “le Gallerie degli Uffizi hanno notevolmente ampliato la loro presenza online rispetto a solo cinque anni fa; la Triennale di Milano ha progressivamente messo in Rete i suoi archivi; e istituzioni visionarie come la Fondazione Prada hanno commissionato progetti online originali, anche se perseguono una programmazione in loco di prim’ordine”, racconta Schnapp. Alla base di tutto ci sono le digital Humanities, “una formula utile per inquadrare l’incontro di una profonda esperienza umanistica con l’alfabetizzazione tecnologica e poi persino la capacità di essere fluidi, e ibridi”.
Un altro esempio virtuoso di come la tecnologia possa essere applicata alla cultura e alla formazione è l’iniziativa lanciata dalla cooperativa CoopCulture, in collaborazione con la startup Twiceout, tramite Live Culture, una piattaforma online dedicata agli studenti e ai turisti che consente di visitare musei e monumenti a distanza. Del progetto fanno parte, tra gli altri, il Colosseo, il museo Archeologico di Napoli, gli Scavi di Pompei, la Venaria Reale, i Musei Reali di Torino. Tutti accessibili in un solo luogo. La novità importante di questo progetto risiede nel fatto che non si tratta di tour registrati, ma di visite dal vivo che i visitatori possono compiere accompagnati da archeologi e storici dell’arte. “La piattaforma è il risultato di mesi di ibridazione creativa tra gli operatori didattici e gli sviluppatori digitali, una modalità di team working che caratterizza ormai da diversi anni l’evoluzione di CoopCulture per migliorare accessibilità e fruibilità del patrimonio, combinando competenze umanistiche e nuove tecnologie, grazie alle agevolazioni di Industria 4.0”, spiega la cooperativa ad Exibart. Un’opportunità interessante per gli studenti di ogni ordine e grado che nell’ultimo anno sono stati costretti a rinunciare ai viaggi di istruzione, perdendo il contatto diretto con i luoghi della conoscenza.
Un altro progetto interessante rivolto a ragazzi e ragazze in età scolastica è CBook, abbreviazione di “Crunched Book”, un’applicazione web per la lettura e lo studio dei classici sviluppata da Celi, società che opera nel settore dell’Intelligenza Artificiale e delle Tecnologie del Linguaggio, in collaborazione con studenti e insegnanti. Digitale e classici, due termini che sembrano in ossimoro tra loro e che invece riescono a congiungersi e a completarsi.
Grazie a questa applicazione è possibile “scomporre” le grandi opere della letteratura internazionale, dai Promessi Sposi di Alessandro Manzoni a The tragedy of Romeo and Juliet di Shakespeare, tramite i collegamenti tra risorse digitali nel web, il mapping dei luoghi della letteratura, l’analisi automatica e manuale dei dialoghi. “Vogliamo aprire i libri, entrarci dentro, prendere dei pezzi di qua e di là, analizzare alcune porzioni di testo in dettaglio, quando necessario, o leggere il tutto a distanza (distant reading), provare a passeggiare nei boschi narrativi, “scomporre” il libro e rileggerlo in modo non lineare”, spiega Celi. Una strada nuova per studiare e approfondire le opere che tutti dovremmo possedere nel nostro bagaglio culturale.