Da Trump a Biden, da Conte a Draghi: come cambia la comunicazione politica
Sia negli USA che in Italia, in un solo mese la comunicazione politica ha subito quella che gli esperti chiamano “rivoluzione”, cambiando radicalmente stili, modalità e paradigmi.
Da Donald Trump a Joe Biden, da Giuseppe Conte (e Rocco Casalino) a Mario Draghi. In meno di un mese la comunicazione politico-istituzionale ha subito un cambio di paradigma talmente radicale da spingere molti esperti a parlare di rivoluzione.
USA: politica = Twitter
Negli Stati Uniti le differenti strategie di comunicazione tra Trump e Biden non sono passate inosservate, soprattutto per quanto riguarda la gestione dei social network, diventati da tempo il principale strumento di comunicazione politica dei Presidenti.
Perché i social sono ormai la seconda casa della politica? Secondo Beppe Severgnini “È inevitabile che candidati e partiti li usino: il genio è uscito dalla bottiglia, e dentro non torna. È disdicevole, però, che li usino per trasmettere faziosità senza contraddittorio”, scrive il giornalista sul Corriere.
Nel 2012 Barack Obama si servì di social e big data per raccogliere donazioni e spingere la propria campagna elettorale. Dal 2016 in poi, Donald Trump ha trasformato Twitter nel suo ufficio stampa personale. Se però l’ex presidente usava i social network e le Tv per “lanciare insulti, regolare conti e promuovere teorie del complotto infondate”, fa notare USA Today, Joe Biden “nel primo mese della sua presidenza ha utilizzato la piattaforma principalmente per promuovere le sue politiche e la sua filosofia politica”. Nettamente diversi, continua il giornale statunitense, i toni utilizzati dai due Presidenti, lo stile e i contenuti dei messaggi veicolati. Brian Ott, che dirige il dipartimento di comunicazione della Missouri State University, spiega come Biden abbia “una visione molto tradizionale del ruolo dei social media. Li vede vede come uno strumento di pubbliche relazioni." Non a caso, il suo feed riflette il ritorno a uno stile di governo più tradizionale, “un significativo allontanamento dall'approccio indisciplinato di Trump al lavoro”, prosegue USA Today. Ma la svolta comunicativa di Biden è visibile anche nel target di riferimento dei suoi messaggi. Il nuovo Presidente si rivolge “all’intero pubblico americano che tu sia d'accordo o in disaccordo con lui", sostiene Ott. "I tweet di Trump erano diretti quasi esclusivamente alla sua base. Trump non ha utilizzato la piattaforma per cercare di convincere le persone che non erano già d'accordo con lui. Tutto ciò che Donald Trump ha fatto riguardava se stesso. Per Joe Biden, non si tratta di Joe Biden, ma del popolo americano".
C’è però chi, nonostante i cambiamenti in atto, continua a nutrire timori su questa forma di comunicazione, considerandola “un'attività rischiosa perché i tweet presidenziali rimangono una forma di propaganda”, dichiara Jennifer Grygiel, esperta di social media e assistente professore di comunicazioni presso la Syracuse University. "Sono profondamente preoccupata per il fatto che abbiamo normalizzato la propaganda del governo tramite i social", dice Grygiel, secondo cui il rischio è quello di inondare i cittadini di molte più informazioni di quante ne arriverebbero attraverso la stampa, che nel passato fungeva da filtro, depotenziando la propaganda politica.
Il silenzio della comunicazione
Se negli USA si discute sul modo in cui i Presidenti che si avvicendano alla Casa Bianca gestiscono la comunicazione sui social network, in Italia - paradossalmente - si parla del modo in cui non li utilizzano più. Perché non solo il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, non possiede un profilo su nessun social network, ma in aggiunta, da quando ha ricevuto l’incarico di formare il nuovo Governo, ha ridotto le comunicazioni all’osso, dimostrando che “anche il silenzio comunica”, come recita il Manifesto della comunicazione non ostile.
“Per la prima volta a memoria di osservatori, l’assenza di qualsiasi anticipazione e gossip sui nomi e sul programma di governo è di per sé un argomento di discussione e di analisi, anche degli esperti. Uno stile-Draghi che, da un lato sta frustrando giornalisti, commentatori e leader politici che, per la prima volta, non hanno potuto esercitarsi con il negoziato su nomi e caselle, dall’altro ha già prodotto un dibattito tra gli esperti di comunicazione”, afferma Gianluca Comin, professore di Strategie di Comunicazione alla Luiss e fondatore di Comin & Partners, su Formiche.net.
La musica non è cambiata neanche dopo l’insediamento del nuovo Esecutivo. La voce di Draghi l’abbiamo sentita solo in occasione dei discorsi tenuti in Parlamento prima di ricevere la fiducia e anche i ministri tecnici e politici per il momento sembrano mantenere (non si sa quanto volontariamente) un profilo basso. Insomma, il nuovo Premier sta imponendo alla politica italiana una sorta di “dieta comunicativa”, in netta contrapposizione rispetto a quanto visto nel recente passato, quando la sovrabbondanza di tweet, post, foto, dirette social, condivisioni, interviste e partecipazioni ai talk show per i politici era la regola e non l’eccezione.
Il “Whatever it takes”
“Stile comunicativo europeo” hanno commentato molti osservatori, paragonando i silenzi di Draghi a quelli di Angela Merkel che sono addirittura stati oggetto di uno studio pubblicato su Contemporary Political Theory. “Stile da banchiere centrale” hanno detto altri.
Proprio quando era a capo dell’Eurotower, tra l’altro, Draghi fece il discorso più famoso mai pronunciato da un banchiere centrale. Era il 26 luglio del 2012 il giorno in cui con tono asciutto, ma diretto disse: “La Bce farà tutto ciò che è necessario per salvare l’Euro. E credetemi, sarà abbastanza”. Con quelle parole, con lo sguardo che aveva stampato in faccia mentre le diceva, ma anche con le pause tra una parola e l’altra e con il tono utilizzato, Draghi riuscì a fermare i grandi fondi che stavano speculando contro i debiti sovrani. “Perché quelle sue tre parole, 'Whatever it takes' sono considerate le più potenti nella storia delle banche centrali? Per la credibilità di chi le ha pronunciate”, ha commentato l’attuale presidente della Bce, Christine Lagarde.
Governo silenzioso?
Adesso, a Draghi viene chiesto, da Presidente del Consiglio, di ripetere lo stesso “miracolo” fatto nove anni fa da banchiere centrale. Stavolta è l’Italia quella da salvare dalla crisi economica e dai mali che si porta dietro da anni. Proverà a farlo senza dirci nulla? Non proprio. “Non c’è dubbio che il nuovo inquilino di Palazzo Chigi adotterà un suo stile comunicativo, ben diverso da quello di Conte-Casalino”, scrive Comin su Formiche.net, mentre Repubblica anticipa quella che sarà la sua strategia: “Niente (o quasi) social, niente gruppi su WhatsApp, pochi spin. Comunicazione istituzionale, rigorosa, fredda. Un po’ Banca d’Italia, un po’ Commissione europea dove non si commentano i rumors e soprattutto non si creano”. Lo slogan del non detto è già pronto: “Si comunica solo quando si ha qualcosa da comunicare”, conclude il giornale.