Crescere o cambiare: domande e risposta su un dilemma esistenziale
Due facce della stessa medaglia, spesso difficile da distinguere tra loro. Esistono delle differenze? E se sì, quali sono? Leggi l'articolo per scoprirlo.
Questo è un periodo di incertezza senza precedenti: mentre combattiamo collettivamente la diffusione del coronavirus, anche la persona meno ansiosa è messa in crisi. Quando le cose nel mondo cambiano in modo tale che l'incertezza aumenta (come adesso), il livello di ansia di tutti tende a salire. Non possiamo fermare gli uragani, le cattive notizie, le pandemie o l’orologio. Ma possiamo concentrarci su ciò che possiamo controllare: noi stessi e la nostra crescita.
Se c'è una cosa che cerchiamo tutti è essere in uno stato d'animo ottimale il più a lungo possibile, ma il presente che stiamo vivendo è un presente molto più incerto di prima, persino il Qui e Ora è incerto e non da più la sicurezza e tranquillità di vivere il presente. La domanda che tutti ci poniamo è: che presente viviamo?
Il momento presente
Al giorno d’oggi, fino a ieri, quel desiderio di sicurezza si esprimeva in una delle frasi più abusate di sempre: “Vivi nel momento presente”. Sembra un altro slogan aziendale; come la didascalia di una foto di Instagram di una famiglia felice che gioca con il Labrador, o quella di una ragazza bionda sulla spiaggia sotto un ombrellone di paglia in un chiringuito che beve un salutare succo vegano. Mai una frase è stata così cliché e così vera allo stesso tempo.
La ragione del suo uso improprio è l’ignoranza del suo significato effettivo. La maggior parte delle persone che parlano di essere nel momento presente cercano solo una convalida sociale per la loro saggezza semplicistica. Stanno cercando attenzione. Stanno correndo dietro a una ragione per essere nel presente.
Affrontare l’incertezza
Oggi anche il momento presente risulta ai più sconosciuto. Se ieri ci chiedevamo: “Cosa c’è dopo?”, “Cosa accadrà domani?”, cercando di prevedere e intuire come si sarebbe sviluppato il presente nel nostro domani anche lavorativo, oggi ci chiediamo: “Cosa sta succedendo adesso?”. Non sapere esattamente cosa sta succedendo nel presente rende difficile o addirittura impossibile fare previsioni sul futuro e amplifica la parola Incertezza in ogni nostro ambito, dal lavoro alla famiglia, fino alle relazioni interpersonali.
L’incertezza è vissuta come mancanza di controllo e scarsità di risposte, portando con sé un carico di ansia che impedisce la chiara visione del presente e i suoi sviluppi. Tutto questo è quello che ci sentiamo sempre ripetere e anche se in parte può essere vero non dobbiamo trascurare l’altra parte, come ci dice un detto zen: “Tutto quello che gli altri buttano via lo zen lo utilizza”. L’incertezza deve essere un fattore positivo e portatore di novità, non di ansie.
Il paradosso della conoscenza
Una storia zen racconta di un maestro Zen di nome Nan-in e un professore universitario curioso dello Zen andò a fargli visita. Nan-in servì una tazza di tè. Mentre versava, la tazza del professore si riempì, ma Nan-in continuò a versare. Il professore guardava la tazza traboccare e non riuscì più a trattenersi: “È troppo piena. Non entrerà più niente!”. Nan-in rispose: “Come la tazza, sei troppo pieno delle tue opinioni e speculazioni. Come posso mostrarti lo Zen a meno che tu non svuoti prima la tua tazza?”.
Nella vita reale, ci comportiamo tutti come questo professore. Partiamo dal presupposto di sapere tutto, di studiare il presente ricco di esperienze passate e avere risposte e certezze per il domani. Tuttavia, quando siamo veramente in grado di riconoscere la nostra mancanza di conoscenza di fronte all’incertezza, solo allora possiamo acquisire più conoscenza.
Socrate diceva: “So di non sapere nulla”. E questo desiderio doveva aver già un valore conoscitivo. Quindi oggi, anche come maestro zen, mentre sto imparando di più, sto iniziando a rendermi conto di quanto poco so davvero. È un paradosso beato. Per Socrate solo questo sapere riteneva meritasse il titolo di saggezza. L’incertezza è questo non sapere, proficuo di crescita. Al mattino non sappiamo cosa ci aspetta veramente la sera e questo non sapere apre a nuovi scenari di pensiero impensabili prima... che pensavamo con una mente già “conosciuta” al domani.
Crescita o cambiamento?
Una delle incertezze più sentite è su cosa si debba cambiare per stare nel tempo presente così incerto, cosa fare per essere resilienti al presente, cosa cambiare per un futuro, l’incertezza è sempre su cosa dobbiamo o no provare a cambiare. Proviamo a non pensare al cambiamento ma alla crescita personale, aziendale, lavorativa in termini di conoscenza.
Dopo aver avuto a che fare nella mia vita di maestro zen con migliaia di persone con le richieste ed esigenze le più diverse, mi sono reso conto che le persone, in generale, non cambiano per migliorare, per crescere, ma per migliorare cambiano: loro crescono. Insistere sul fatto che la crescita di una persona avvenga solo attraverso il cambiamento è negare di vedere il meglio in quella persona e non dare a quella persona il beneficio del dubbio.
L’incertezza oggi è dovuta al non conoscere cosa cambiare e come farlo, ma Cambiamento è una parola che implica la necessità di una revisione radicale, talvolta eliminando valenze valide. Il cambiamento implica un certo livello di vergogna del presente. Mentre Crescita è una parola che implica che la capacità di essere migliori è sempre presente, ma deve essere risvegliata. La crescita è spesso un processo graduale, richiede tempo di stare nell'incertezza e non attuare cambiamenti per avere false sicurezze decisionali, che si riveleranno deboli alla prossima esigenza di cambiamento. Il cambiamento – se non nasce dall'esigenza di una crescita ma dal raggiungere solo sicurezza personale, lavorativa, sociale – si basa ancora sull'incertezza. La tua vita non è definita dalle tue scelte di cambiamento, ma dalla tua consapevolezza di crescita: è questa che si porta dietro il cambiamento, non il contrario.
L’ansia che aiuta a crescere
Non è il cambiamento tout court che porta la crescita, ma è la consapevolezza di crescere che attua i cambiamenti. Cambiamento significa che c’è una destinazione fissa e il viaggio terminerà una volta raggiunta quella destinazione, ma una meta pre-fissata soprattutto in questi momenti è illusione.
La crescita è l’accettazione di questa incertezza come parte del percorso. Per me, il cambiamento rappresenta un modo insostenibile per costringere te stesso a essere diverso. La crescita è più organica e paziente: accetta che il viaggio non finisce mai. “L’unica cosa che non cambia mai è il cambiamento”: non sapremo mai o non saremo mai bravi in tutto, ma impareremo a essere resilienti. L’incertezza è un momento positivo se non cerchiamo certezze e decisioni di cambiamento per uscire dall’ansia, ma la utilizziamo come momento di crescita a cui seguirà un naturale positivo e utile cambiamento.
Ringraziamo il Maestro Tetsugen Serra per il contributo.