Cholé Zhao, chi è la regista più ricercata di Hollywood
Nata e cresciuta in Cina, ha trovato in America la sua passione. Prima producendo film a basso budget e con attori non professionisti, poi con il grande successo di “Nomadland”. Fino al salto con Marvel
“Cholé Zhao sta per diventare qualcosa di grande”, ha titolato la rivista The Atlantic, parlando della regista cinese che con “Nomadland” ha vinto i Golden Globes 2021 nelle sezioni più importanti, tra cui miglior regia e miglior film drammatico. Di lei sentiremo parlare a lungo, scommettono gli esperti cinema, soprattutto in vista degli Oscar. Tanto che il New York Magazine la definisce come la regista «più ricercata di Hollywood». Colei che in pochi anni è riuscita a passare dai film indie ai blockbuster.
Il premio alla miglior regia dei Golden Globes torna nelle mani di una donna dopo 37 anni (l’ultima era stata Barbra Streisand nel 1984 con “Yentl”). Ma soprattutto si tratta della prima volta in assoluto per una donna di origine asiatica.
Trentotto anni, nata e cresciuta a Pechino. Figlia di genitori divorziati, ha spalle ha una infanzia povera e da bambina ribelle – come lei stessa ha raccontato. La famiglia si trasferisce prima in Europa, a Londra, quando lei a 15 anni. E poi negli Stati Uniti, a Los Angeles. Il padre nel frattempo riesce a fare carriera nel mondo dell’acciaio e si risposa con Song Dandan, celebre comica e attrice di sit-com cinese.
Chloé ha raccontato che tra i suoi sogni nel cassetto c’era sempre stato quello di diventare una disegnatrice di manga, e che crescendo aveva maturato una passione per tutto ciò che era occidentale. Finisce gli studi negli Stati Uniti. E per capire le istituzioni occidentali si iscrive al Mout Holyoke College, prendendo una laurea in Scienze politiche.
Ma a interessarle sono soprattutto le arti e le persone. Così, per seguire la sua passione per la musica, decide subito dopo di trasferirsi a New York, dove inizialmente fa la barista. È qui che scopre anche il suo amore per cinema, dopo aver visto i film di Wong Kar-way. E quindi si iscrive alla Tisch School of the Arts e diventa regista (tra i suoi insegnanti, c’è anche Spike Lee).
Chloé Zhao, nome d’arta di Zhao Ting, ha raccontato di essere diventata una regista perché si era accorta di non avere nessun talento in particolare: «Sono brava a coordinare i professionisti», aveva detto a Rolling Stone Uk. «È un mestiere in cui non devi essere il migliore in qualcosa, ma capace più o meno in tutte le cose», spiega. Voleva vivere raccontando storie «ma non ero brava a dipingere, a fare fotografie, a suonare», per cui «adesso prendo con me persone che sono bravissime in tutti questi campi e li faccio lavorare insieme».
I primi suoi lavori sono quattro cortometraggi: “Post”, “The Atlas Mountains”, “Daughters”, “Benachin”. Il suo primo film invece è “Songs My Brothers Taught Me”, sul senso di colpa di un ragazzo della riserva indiana Lakota che vuole andare a Los Angeles lasciando la sorella con la madre alcolizzata, autofinanziato e interpretato da attori non professionisti. Quel mondo era mondo spesso visitato da documentaristi e giornalisti, tanto che, alle domande dei visitatori, gli abitanti avevano imparato a rispondere quello che, secondo loro, volevano sentirsi dire. Chloé Zhao se ne accorge e decide di andare oltre le solite storie di povertà e alcolismo. Conosce le persone, conquista la loro fiducia e scopre le storie da un punto di vista nuovo. Il film viene preso subito al Sundance Festival e poi a Cannes.
Sarà questa una delle caratteristiche del suo lavoro: coinvolgere la gente vera, creando un ibrido tra il genere documentaristico e il film di finzione, con uno stile definito come “giornalistico”.
Lo stesso stile si ritrova in “The Rider”, su un cowboy (a recitare è un vero cowboy, anche lui incontrato per caso) che ha subito dei danni cerebrali a causa dei quali deve lasciare i rodei. E per “Nomadland”, girato sempre con persone reali ma stavolta anche con una attrice celebre, Frances McDormand e un budget molto più alto rispetto alle produzioni precedenti.
Il film, ispirato al libro di Jessica Bruder, racconta la storia di una donna del Nevada che, rimasta senza lavoro e vedova, decide di vendere tutto ciò che ha, comprare un furgone e andare verso Ovest in cerca di fortuna. Sono tanti quelli che fanno come lei, nomadi economici vittime della della crisi economica che vivono per strada. Nel film si incontrano le persone in carne e ossa, gente vera non attori professionisti. La pellicola vince il Leone d’Oro a Venezia e Zhao viene celebrata da una parte all’altra dell’Atlantico come la nuova promessa di Hollywood.
Poi il salto in un mondo nuovo. La Marvel ora l’ha scelta per il suo “Eternals”, in un progetto che punta a portare al cinema un nuovo team di super eroi. Per questo – dicono – serviva un regista che sapesse inventare o reinventare i personaggi sotto una luce nuova.
In un’intervista a Deadline, Zhao ha detto che è interessata alle “cose che stanno per sparire”. “Penso che la parola outsider sia la chiave di tutto”, ha spiegato anche. “Mi sento outsider ovunque vada e credo che questo mi abbia fatto identificare naturalmente con i personaggi di Nomadland. Se vivessi nel Regno Unito o in Cina, sarei attratta da chi sta ai margini di quelle società”.