Chi è e cosa fa il Chief Innovation Officer
Lo Chief Innovation Officer è una figura professionale che serve per rispondere ai cambiamenti del mercato. Scopri tutto quello che c'è da sapere su questa professione.
“Innovazione” è diventata la parola d’ordine per qualsiasi azienda che vuole crescere e competere all’interno del proprio mercato di riferimento. Per questo motivo una delle figure professionali di cui si parla di più negli ultimi anni è quella del Chief Innovation Officer (CInO). Vent'anni fa era un lavoro praticamente sconosciuto, ma già nel 2017, secondo i dati forniti dalla Harvard Business Review, negli Stati Uniti il 29% delle aziende Fortune 500 si era dotata di un dirigente senior per l'innovazione. Si tratta, in ogni caso, di un lavoro relativamente nuovo sul quale si continua a dibattere e soprattutto sul quale c’è bisogno di fare ancora molta chiarezza.
Chi è e cosa fa il Chief Innovation Officer?
Le responsabilità del Chief Innovation officer variano molto a seconda della società, delle sfide aziendali e del background delle persone che ricoprono il ruolo. A livello generale possiamo dire che il CInO è la figura che, all’interno di una società, si occupa dei processi di innovazione e dei cambiamenti che un’azienda deve affrontare. È a lei o a lui che spetta il compito di analizzare l’organizzazione aziendale, trovare delle idee innovative per consentirle di svilupparsi, introdurre processi nuovi e business alternativi che aiutino la società ad innovarsi per stare al passo con il presente, ma anche per “prevedere il futuro”. Ancora più importante: il Chief Innovation Officer ha il compito di scardinare tutte le resistenze al cambiamento che caratterizzano le società per cui lavora e riuscire a creare un ambiente lavorativo in cui tutti i membri di un team vedano l’innovazione come un’opportunità e non come una scocciatura cui “adempiere” per mantenere il proprio posto di lavoro.
Il Chief Innovation Officer in Italia
Secondo uno studio realizzato dall’Università di Pavia, ad oggi in Italia solo il 2,2% delle imprese si è dotata di un Chief Innovation Officer. Entro il 2025 però si arriverà al 12,8%. Nel nostro Paese questo ruolo è diffuso soprattutto in aziende “digitali”: società che si occupano di software (21,2%) e di LifeSciences (12,6%) per le quali innovarsi significa sopravvivere. Facciamo un esempio su tutti: Roberto Cingolani, attuale ministro della transizione ecologica del Governo Draghi, prima di ricoprire questa carica era Chief Technology & Innovation Officer di Leonardo, il colosso italiano della Difesa e dell’Aerospazio.
Di recente, grazie allo sviluppo del fintech, questa figura si sta diffondendo nel mondo bancario-assicurativo, mentre le nuove sfide lanciate dall’Industria 4.0 stanno spingendo molte aziende manifatturiere a dotarsi di un responsabile dell’Innovazione.
Siamo sicuri che sia utile?
Tim Cook, amministratore delegato di Apple, ha detto che “nel momento in cui un’azienda assume un Chief Innovation Officer capisci che quell’azienda ha un problema”.
Non tutti infatti credono che assumere un CInO sia la mossa giusta per spingere un’azienda ad innovarsi, anzi possiamo dire che il dibattito sia imperniato su posizioni diametralmente opposte. C’è chi considera il Chief Innovation Officer una figura ormai imprescindibile in un’azienda che vuole crescere e svilupparsi e chi invece lo considera controproducente.
Le motivazioni di questi ultimi le ha riassunte Chuck Swoboda su Forbes: “Non puoi delegare l'innovazione. L'innovazione è una mentalità, non un titolo di lavoro o un posto in C-suite. Per funzionare davvero, l'innovazione deve far parte del tessuto culturale di un'organizzazione e tutti devono accettarla. È molto più di qualcosa che fai, è il modo in cui pensa la tua azienda. Quindi, quando assumi un cosiddetto chief innovation officer, virtualmente sollevi tutti gli altri dalla responsabilità di realizzare l'innovazione. Piuttosto che fare in modo che l'intera organizzazione persegua idee rivoluzionarie, si crea un ambiente che consente alle persone di rinunciare o diventare obiettori di coscienza nei confronti del cambiamento”.
Per far sì che l’introduzione di un CinO all’interno di un’azienda sia davvero efficace, consiglia l’Università di Pavia, bisogna comprendere che “l’innovazione copre uno spettro ben più ampio rispetto alla sola tecnologia. Limitare l’innovazione alla sola sfera tecnologica significa spesso porre le basi per perdere la partita in partenza. Innovare significa ripensare i modelli di business, pensare a proposizioni di valore dirompenti, etc. Questo è uno dei passaggi chiave che differenzia il CInO rispetto ad altri ruoli quali ad esempio il Direttore R&D o il CTO. Chi lo capisce, riesce ad accelerare i processi di trasformazione aziendale, anche digitale, e trarne maggior beneficio”.