Bobi Wine, il “presidente del ghetto” ugandese tra rap e politica

Bobi Wine, il “presidente del ghetto” ugandese tra rap e politica

Si era candidato alle presidenziali contro il presidente autoritario Museveni, che è riuscito a ottenere il suo sesto mandato. Di origini umili, è riuscito a laurearsi a fatica. La sua campagna elettorale è stata un inferno, tra arresti e uccisioni. Ma lui dice: “Continuo perché so di essere dalla parte giusta”

10/02/2021 , tempo di lettura 5 minuti

È uno dei rapper più famosi dell’Uganda. E lo scorso 14 gennaio ha sfidato l’autoritario presidente Yoweri Museveni candidandosi alle elezioni presidenziali. Ssentamu Robert Kyagulanyi, meglio conosciuto come Bobi Wine, quel giorno ha avuto però solo il tempo di votare. Tornato a casa, la polizia lo ha costretto agli arresti con la moglie. Il motivo: prevenire eventuali proteste contro i risultati delle elezioni.


Bobi Wine era lo sfidante più pericoloso alle urne per Museveni, che governa il Paese da 35 anni e che ora ha ottenuto il suo sesto mandato, con un voto che si è svolto senza osservatori internazionali, fatta eccezione dell’Unione africana. L’esito elettorale è stato contestato dalle opposizioni, che hanno denunciato brogli e irregolarità. Alla fine, la Corte suprema ugandese ha ordinato ai poliziotti di lasciare la casa di Bobi Wine, dopo ben 11 giorni di domiciliari. 


Il presidente del ghetto

Trentotto anni, cresciuto nei sobborghi poveri di Kampala, “il presidente del ghetto” – come lui si definisce – sogna un’Uganda democratica, libera dalla morsa del presidente dittatore. 


Classe 1982, da ragazzo è costretto cambiare diverse scuole perché la sua famiglia non può sempre permettersi di pagare le tasse scolastiche. Wine si iscrive poi alla facoltà di scienze sociali dell’Università Makerere di Kampala, ma deve lasciare perché – anche in questo caso – non può permettersi di pagare le tasse. Finché fa domanda, e viene ammesso con borsa di studio governativa, al corso di musica, danza e teatro, laureandosi nel 2003. Nel frattempo, per mantenersi durante gli studi, svolge una serie di lavori occasionali, dalla muratura alla cattura delle cavallette. Per poi tornare sui libri nel 2016 a studiare legge all’Università Internazionale dell’Africa Orientale. 


Musica e politica

La passione per la musica nasce ai tempi del liceo. Ma Bobi Wine non avrebbe mai pensato di fare il musicista se non fosse stato per quella borsa di studio, l’unico modo per restare iscritto all’università. La sua prima canzone, Akagoma, viene pubblicata nel 2003. Si unisce poi al musicista Bebe Cool, con cui forma gruppo musicale Firebase


Ma la sua carriera musicale si intreccia ben presto con quella politica. Le sue canzoni che difendono il buon governo e la democrazia lo fanno presto diventare popolare tra i giovani, aprendogli la strada per l’attivismo politico e facendolo diventare uno dei musicisti più noti dell’Africa Orientale. Con milioni di download e visualizzazioni online dei suoi brani. 


A Kamwokya, un sobborgo di Kampala, ha creato anche lo studio di registrazione Firebase. Ed è anche il proprietario dell’etichetta FireBase, con cui musicisti come Nubian Li, Buchaman, General Mega Dee, Henry Tigan e molti altri hanno iniziato la loro carriera.


Bobi Wine utilizza i social media e i concerti per diffondere il suo messaggio politico. Ma le sue parole contro la corruzione, la violenza e l’abuso di potere, e per il rispetto per i diritti umani, irritano gran parte dell'élite politica ugandese.


Ed ecco che l’inizio della battaglia politica sul campo per Wine significa anche l’inizio dell’inferno. Nel 2017 viene eletto in Parlamento come deputato indipendente d’opposizione, al culmine di una campagna che puntava a negare al presidente Museveni la possibilità di rimuovere dalla Costituzione la clausola del limite d’età, che gli avrebbe permesso di governare a vita. 


Ma già nel 2018, dopo aver aderito al gruppo People Power, viene arrestato e picchiato per aver guidato una protesta antigovernativa nella capitale senza autorizzazione. Quello stesso anno il suo autista viene ucciso durante un assalto all’auto su cui viaggiava anche Bobi. E nel 2019 finisce addirittura in un carcere di massima sicurezza. 


Nel giugno 2020, annuncia di entrare a far parte del partito politico National Unity Platform, e ben presto viene eletto all’unanimità come presidente. Poi arriva la decisione di candidarsi alle presidenziali del 2021, sfidando direttamente il presidente Museveni. Ma la sua campagna elettorale è stata tutt’altro che semplice. È stato arrestato, gli è stato negato l’accesso negli hotel e nelle stazioni radio. I suoi profili social sono stati chiusi, e tutti i suoi collaboratori e familiari sono stati messi in carcere. Tanto da esser costretto a mandare i suoi quattro figli negli Stati Uniti per ragioni di sicurezza.


“Sono un leader, non un politico”, ha detto. E in una intervista a Repubblica alla vigilia delle elezioni ha spiegato il suo programma: “Libererei tutti i prigionieri politici. Restaurerei la Costituzione con un tetto e un limite temporale ai mandati presidenziali. Abolirei tutte le tasse oppressive, come quelle sui social media”. Gli ugandesi devono pagare una imposta per accedere alle piattaforme digitali. Bobi Wine aveva organizzato delle proteste a Kampala contro l'approvazione della tassa e – inutile a dirlo – è stato anche arrestato per questo. 


“Sono arrivato a questo momento perché volevo rappresentare gli esclusi, gli ultimi, il ghetto, da cui provengo”, racconta. “Siamo non violenti. Ci ispiriamo a Nelson Mandela. Crediamo nell’alzarsi in piedi per rivendicare i propri diritti e le proprie libertà e far sentire la propria voce”. 


Ma “da quando sono sceso in campo non c'è stato giorno in cui qualcuno del mio staff non sia stato ucciso o imprigionato, senza accuse né possibilità di difendersi”, ha raccontato. “A decine sono scomparsi... Veniamo uccisi con impunità. E il presidente sta a guardare. Anche la comunità internazionale sta a guardare”. Ma, ha aggiunto, “continuo perché so di essere dalla parte giusta. Sono dalla parte della verità e della moralità. E alla fine del tunnel vinceremo”.


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