Anziani e digitale
Non si smette mai di imparare, anche dopo gli 80 anni
Gli anziani, si sa, sono quelli più esposti ai rischi della pandemia. E tra il distanziamento e la raccomandazione a restare a casa, il rischio di esclusione sociale in questa fascia di popolazione è molto elevato. Anche perché lo slittamento verso il mondo digitale, per mantenere le relazioni sociali, fare acquisti e accedere ai servizi, trova molti anziani impreparati.
Nel 2019, secondo i dati Istat, la percentuale di famiglie con accesso a Internet in Italia era del 74,7%, ma scendeva al 34% se si consideravano le famiglie composte solo da persone di 65 anni e più. La maggior parte di loro dichiarava di non aver accesso a Internet per mancanza di capacità di usare gli strumenti informatici.
Come si può colmare questo divario, quindi, incentivando i nostri anziani a usare di più gli strumenti digitali e riducendo contemporaneamente il rischio di esporsi al virus? La risposta è che si può imparare a usare i social media, anche dopo i 80 anni.
Gli effetti dell'utilizzo degli strumenti digitali da parte degli anziani
Lavoce.info ha raccontato i risultati di uno studio realizzato dalla Fondazione Golgi Cenci, condotto nell’ambito del progetto “Aging in a Networked Society. Older People, Social Networks and well-being”.
Lo studio ha un prima e un dopo. Nel corso del 2019 era stata condotta già una ricerca per verificare l’impatto di un corso sull’uso dei social media e dello smartphone su isolamento sociale e solitudine percepita negli anziani. La ricerca ha coinvolto 144 persone tra i 79 e gli 84 anni residenti ad Abbiategrasso, in provincia di Milano, che non avevano esperienza precedente nell’utilizzo dei social media. Le lezioni del corso riguardavano l’utilizzo dello smartphone, la gestione dei profili Facebook e WhatsApp, la protezione dei dati personali e la prevenzione delle frodi.
Dal 4 maggio al 18 maggio 2020, con l’inizio della fase 2 dell’emergenza Covid-19 e il progressivo allentarsi delle misure di contenimento, sono stati poi intervistati telefonicamente i partecipanti al progetto per sapere come avessero affrontato il lockdown. Nelle interviste – come raccontano Antonio Guaita ed Elena Rolandi, rispettivamente direttore e ricercatrice della Fondazione Golgi Cenci – si indagava in particolare l’utilizzo dei social media, la presenza di sentimenti di solitudine e il livello di mantenimento della rete sociale, sia in termini strutturali (il numero di persone con cui si è in contatto) che funzionali (la possibilità di chiedere aiuto e vicinanza percepita nella relazione).
I partecipanti che avevano seguito il corso sull’uso dei social media e dello smartphone utilizzavano significativamente di più Facebook (37%) e WhatsApp (62%) rispetto a quelli che non avevano seguito il corso, che si fermavano invece rispettivamente al 7 e 31 per cento.
La percezione della solitudine e la sensazione di “essere tagliati fuori” era minore (10%) tra chi aveva seguito il corso, mentre saliva al 26% tra gli altri anziani. La rete sociale risultava ridotta rispetto ai livelli pre-pandemia in entrambi i gruppi, ma la riduzione era meno marcata in coloro che erano stati allenati all’uso dei social media.
L'apprendimento continua
I risultati, spiegano Guaita e Rolandi, «dimostrano che a qualsiasi età è sempre possibile imparare qualcosa di nuovo». Non solo: i risultati dello studio dimostrano inoltre che «l’utilizzo dei social media da parte della fascia di popolazione anziana ha un effetto misurabile sull’inclusione sociale percepita, in un momento particolarmente critico come quello che stiamo attraversando a causa della pandemia». E la lezione vale sia nell’implementazione delle relazioni sociali, ma anche nel miglioramento delle competenze per i lavori senior all’interno delle aziende.