Affila la tua ascia
Conoscere se stessi è il primo passo per migliorare le proprie abilità
C’è una storiella che parla di due amici che fanno una passeggiata in un bosco. Ad un certo punto notano una scena. Poco più in là un uomo è intento a far legna, ed è molto trafelato, visibilmente affaticato. Sbuffa e si ferma, imprecando, poi riprende, ma dopo aver dato qualche colpo con particolare violenza è costretto di nuovo a fermarsi, ansimante. I nostri due amici osservano attentamente e, da esperti boscaioli, capiscono che il motivo di tanta improduttiva fatica è che l’ascia che l’uomo sta usando non è affilata bene. I due amici si avvicinano, quasi dispiaciuti, e gli dicono: “Ehi amico, forse ti conviene fermarti, per affilare l’ascia”. Quello li guarda scocciato e risponde: “Ma chi siete? Che volete? Non vedete che sto lavorando?”. “Sì, lo vediamo; è che così fai molta più fatica, e con meno risultati. Dovresti fermarti e prenderti del tempo per affilare il tuo strumento”. L’altro non li fa neanche finire di parlare. “Prendermi del tempo? Ma voi ce l’avete un’idea di quanto lavoro io debba ancora fare? Non ho tempo di fermarmi! Non ho alcun tempo da perdere!”. E riprende a lavorare, imprecando.
La mente è la nostra ascia
Spesso, troppo spesso, la nostra vita somiglia a quella di quell’uomo. Tutta la vita è risolvere problemi, diceva Karl Popper; ovvero tutta la vita è dover tagliare ceppi per il nostro camino, per riscaldare e nutrire la nostra vita. Corriamo di qua e di là per sbrigare faccende, affrontare sfide, occuparci di incombenze, fronteggiare imprevisti. E abbiamo quest’ascia in mano, con la quale scolpire la nostra vita e il nostro futuro; in una parola, il nostro destino. Quell’ascia è la nostra mente. È quel sistema complesso di credenze, modelli, schemi, valori, criteri di riferimento, stati emotivi, con il quale affrontiamo quotidianamente la vita. Il filtro che media ogni nostro rapporto con la realtà, e con i nostri obiettivi. Noi però non ci fermiamo ad affilarla, quell’ascia; non abbiamo tempo. Eppure farlo sarebbe cruciale, fondamentale, e ci sono anche molti modi per farlo.
Cercare la consapevolezza
Per esempio, prendere consapevolezza di tutti quelle “abitudini mentali” che abbiamo acquisito nel tempo, quei modelli interpretativi che ad un certo punto crediamo essere gli unici possibili, e che torcono il nostro modo di affrontare la vita sempre in quell’unica forma, imprigionandoci in essa e togliendo alle nostre azioni una cosa fondamentale: la libertà delle opzioni. E il problema, allora, non è solo il problema che affrontiamo, ma quell’unico modo in cui siamo in grado di affrontarlo, e che magari non funziona.
Per esempio, ancora, presidiare gli elementi con i quali costruiamo le nostre relazioni; non quelli che ci mettono gli altri –anche quelli. Ma soprattutto quelli che noi ci mettiamo, che sono a loro volta cruciali nel determinare ciò che ci mettono gli altri. Perché le relazioni sono sempre circolari, e soprattutto sono il contesto in cui ogni cosa acquista il suo senso e prende la sua forma; benefica, per noi, oppure tossica; che ci rafforza, o ci indebolisce; che ci aiuta ad essere ciò che vorremmo essere, oppure ostacola il nostro trovarci, piuttosto smarrendoci.
Per esempio, infine, facendo pace col nostro mondo emotivo. O, meglio ancora, imparare a fare delle emozioni le nostre principali alleate, la guida che ci aiuta a sviluppare integrità e benessere. Non soffocarle, mai, anche perché non è possibile, perché le emozioni sono l’atto primo della nostra intelligenza, ovvero la nostra capacità di sceverare, la sua forma
più antica, ma viverle appieno, rendendole le nostre principali alleate in quel processo di identificazione in cui sviluppiamo la nostra “natura” e la nostra eccellenza.
Fare la differenza
Si può assolutamente vivere senza fare tutte queste cose. Certo che si può. Come si può continuare a tagliare ceppi, facendo il triplo di fatica e ritrovandosi poi comunque al freddo, con poca legna, in quell’”inverno delle nostre stagioni”.
Noi vogliamo altro. Noi, per noi, vogliamo di più, e meglio. Noi vogliamo affilare l’ascia.
Le cose là fuori, è certo, continueranno a essere le cose, poiché la realtà ha le sue proprie condizioni, che spesso non dipendono da noi. C’è però qualcos’altro che dipende sempre da noi: è la qualità delle nostre risposte. E noi vogliamo affrontare il miracolo della vita, e la nostra esistenza, nel modo migliore possibile, con le migliori risposte possibili. In qualunque campo, in ogni situazione, sia essa la vita dei nostri affetti e del nostro cuore, che quella delle nostre mani che operano e lavorano nel mondo.
Ringraziamo Gianfranco Damico per il contributo.